di Francesca Monti
L’Australia è una terra bellissima, che ha dato ospitalità a tanti nostri connazionali che in passato hanno cercato fortuna e lavoro in questo Paese così lontano. Si dice che i primi italiani che giunsero nel Quinto Continente furono i marinai Giacomo Matra e Antonio Ponto, che erano a bordo della nave Endeavour guidata dal capitano James Cook, durante il suo viaggio alla scoperta degli Antipodi nel 1770. Il primo connazionale che si stabilì in Australia fu invece il siciliano Giuseppe Tusa, uno dei galeotti trasportati dalla Prima Flotta nel 1788, che visse a Sydney, si sposò ed ebbe quattro figli. Tantissimi altri italiani partirono per il Quinto Continente dopo la Seconda Guerra Mondiale. Oggi il gruppo più numeroso di emigranti non anglosassoni in Australia è formato proprio dai nostri connazionali, mentre l’italiano è la lingua più parlata dopo l’inglese. Per permettere agli immigrati di integrarsi nella società australiana è nata SBS Radio (www.sbs.com.au/yourlanguage/italian), che attraverso due redazioni, situate a Sydneu e a Melbourne, trasmette i programmi in 68 lingue differenti. La programmazione di SBS è molto varia, spazia dalla cultura all’attualità, dalla politica interna a quella estera, dalla scienza alla medicina, dalla musica alla gastronomia, dalla cronaca locale e internazionale alle interviste con ospiti provenienti da tutto il mondo, dallo spettacolo fino allo sport. Da agosto a maggio, di notte, SBS Radio trasmette in diretta le partite del campionato italiano di calcio di Serie A. Nella redazione di SBS lavorano molti giornalisti di origine italiana, tra questi il giovane canturino Carlo Oreglia. Laureato in Lettere, nel 2005 si è trasferito a Melbourne e in quest’intervista racconta la sua storia e spiega quanto la realtà australiana sia profondamente diversa da quella italiana.
Quando hai iniziato a lavorare a Radio SBS?
“Ho iniziato nel 2004, facendo uno stage per qualche mese. Ai tempi ero in Australia ad insegnare l’italiano, e alla scadenza del mio contratto sono rimasto quattro mesi a Melbourne per lavorare in radio. Una volta tornato in Italia, ho continuato a collaborare, poi a fine 2005 sono ritornato”.
Che consigli daresti ad un ragazzo/a che volesse intraprendere dopo la laurea, la tua stessa esperienza, trasferendosi in Australia?
“Nessun consiglio, che poi mi rubano il posto!!! La cosa migliore è, secondo me, venire in Australia per qualche mese o per un anno utilizzando il visto vacanza-lavoro (working holiday visa) che dà la possibilità, a tutti i ragazzi sotto il 30 anni, di fermarsi a lavorare legalmente per 12 mesi. Da lì, cercarsi qualche lavoretto per campare (cameriere, insegnante di italiano, cose semplici) e guardarsi intorno, nei media per fare qualche internship. SBS offre regolarmente internship (non pagate, sottolineo, ma grande esperienza)”.
Quali analogie/differenze hai riscontrato tra l’Australia e l’Italia riguardo allo stile di vita degli abitanti, il comportamento nei confronti degli stranieri, il problema dell’occupazione?
“Sicuramente c’è più abitudine agli stranieri, in quanto lo zoccolo duro della popolazione è immigrata. Gli italiani ad esempio sono il secondo ceppo linguistico dopo l’inglese e colonna della comunità. Il problema dell’occupazione è meno serio che in Italia, più possibilità, flessibilità anche per l’impiegato, non solo per chi impiega come avviene in Italia. Anche se va detto che alcune leggi passate dal governo liberale, chiamate WorkChoice, hanno dato molti poteri ai datori di lavoro permettendogli di tagliare paghe maggiorate nei giorni festivi o per orari fuori dai turni 9-17”.
Hai mai nostalgia dell’Italia e della tua città?
“Nostalgia non proprio, però ogni tanto mi manca vedere Cantù, gli amici e naturalmente la famiglia”.
Quali sono le tre cose che più ti affascinano dell’Australia?
“A parte la natura, direi il senso di libertà e la sensazione che puoi fare quello che vuoi se ti impegni a fondo, la versione down under dell’american dream. In più è una società giovane, non dominata dalla gerontocrazia che attanaglia l’Italia. Anche solo guardando la tv, la presenza giovani-vecchi è bilanciata ma forse con una predominanza di volti giovani, invece in Italia è un ospizio unico, specchio purtroppo della società invecchiata”.
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