domenica 21 ottobre 2012

Enrico Mattei






di Domenico Latino





Sono tempi di paura, incertezze, sgomento, incredulità, rabbia. Sono tempi in cui la memoria dovrebbe prendere il sopravvento sulle amnesie.
1962, anno dei boom economici (per alcuni), dei Beatles, della seicento, dei jukebox ma anche di Cuba, della Baia dei Porci, del rischio di una terza guerra mondiale terribile.
L’atomica aveva causato già i suoi orrori (Hiroshima, Nagasaki.. per mano di chi? Di qualche folle dittatore? O dalla decisione di governi così detti democratici?) Quando il pericolo fu evitato, i più, forse, non se n’erano nemmeno resi conto o non ne furono adeguatamente o sufficientemente informati, forse.
1962, muore Enrico Mattei in un drammatico incidente aereo, un nome, forse, estraneo alle nuove generazioni. Dimenticato, forse, volutamente dalle vecchie generazioni o accantonato dalle imperdonabili amnesie.
Francesco Rosi, regista, nel 1972 realizza un film – dossier “Il caso Mattei”, qualche anno prima incarica Mauro De Mauro, giornalista di un quotidiano palermitano, di ricostruire gli ultimi due giorni trascorsi da Mattei in Sicilia.
Ma chi era Mattei?
Il protagonista: Mattei è il presidente dell’Eni (Ente Nazionale Idrocarburi).
Contesti e soggetti: l’Italia, gli americani e le sette sorelle (grandi compagnie petrolifere), i paesi del Medio Oriente e poi il protagonista dei protagonisti “il petrolio”.
Mattei, che tutti chiamano l’Ingegnere, si è prefisso un obiettivo: lo sviluppo del Paese che considera di forti potenzialità; ostacolare il monopolio americano sui pozzi petroliferi in Africa dove gli indigeni vivono in povertà e muoiono di fame, subendo un arrogante sfruttamento e colonizzazione occidentale. Il film di Rosi è la memoria di un fatto archiviato fra i così detti misteri di casa nostra.
Rispettato, temuto, minacciato più volte di morte, Mattei è deciso a combattere i “quattro miliardari” che decidono come muovere i fili legati alla sorte di miliardi e miliardi di esseri umani. Li definisce proprio così “quattro miliardari” prepotenti: mi ha sbalordito sentire la sua definizione, riportata magistralmente dall’interpretazione di Gian Maria Volontè. Dal 1962 ad oggi sono trascorsi più di quarant’anni, dal film-dossier di Rosi una decina in meno ma ciò che dice Mattei ad un giornalista che lo accompagna fra i pozzi petroliferi africani sembrano parole pronunciate appena, appena pochi giorni fa, più o meno dice così: “Se non sarò io a fermarli (gli alleati d’oltre oceano, dei quali, credo, nessuno ha dimenticato o rinnega l’aiuto nell’ultima guerra, anche se ampiamente compensato, ma ciò non vuol dire divenirne i vassalli e condividere sempre e comunque metodi, comportamenti, regole, criteri) saranno i popoli che camminano su queste terre nel cui ventre scorre l’80% del petrolio mondiale.
"Mattei non impone lo sfruttamento delle risorse, come fanno gli americani, ma applica la politica del fifty-fifty. Ai governanti dell’Iran e dell’Egitto, ad esempio, formula questa proposta: l’Eni si sobbarca tutte le spese per la ricerca petrolifera. Se il petrolio non c’è, voi non ci rimettete nulla. Se invece c’è, il paese produttore diventa socio al 50% dell’Eni, dopo aver pagato la metà del costo di sviluppo del giacimento e aver rimborsato le spese iniziali. In più, al paese produttore, va un altro 50%, cioè la differenza tra costo materiale e il prezzo di vendita del greggio. Ovvio che di fronte a questa ardita proposta i paesi arabi, ricchissimi di petrolio, vedono Mattei come un amico, preferendo trattare con lui piuttosto che con altri".
Quando si scopre il metano nel sottosuolo siciliano, oltre che in quello della Lombardia, Mattei si reca nell’isola ed esorta la gente a far ritornare i propri cari emigrati poiché, da lì a poco, ci sarebbe stato lavoro e sviluppo.
Sicuramente l’Ingegnere Mattei amava l’Italia e amava gli italiani, soprattutto amava l’umanità, non a caso uno dei suoi pensieri era di contribuire allo sviluppo dei popoli produttori del così detto “oro nero”, ostacolando la politica (anche italiana) che permetteva benefici solo per i paesi consumatori del petrolio, che, come lui sosteneva, era la causa di tutte le rivoluzioni, guerre, colpi di stato e soprattutto fame e morte per miliardi e miliardi di esseri umani.
Mattei muore, forse, in un incidente. Mauro De Mauro scompare misteriosamente. C’è chi afferma che, forse, è stato ammazzato per il caso Mattei. L’aeroplano, un Morane Saulnier, che avrebbe dovuto riportare l’ingegnere a Milano e da lì a pochi giorni in Algeria per firmare un accordo sulla produzione petrolio scomodo per le “sette sorelle”, si schianta nei cieli della Val Padana e c’è chi dice che è stato sabotato.
2005. Sono tempi in cui soffiano venti di guerra, c’è chi dice che a causarli è il protagonista dei protagonisti “il petrolio” e la prepotenza, mai sopita, di chi ancora crede di poter egemonicamente governare il mondo. Il pensiero e la volontà di Mattei e di uomini come lui, forse, avrebbero ostacolato o cercato di evitare i risultati di questo presente tormentato dagli orrori e dallo stesso pericolo, forse ancor più pericoloso, in cui tutto il mondo fu minacciato nel lontano 1962: la guerra. Saremo capaci di evitarlo per una volta ancora? Sapremo sconfiggere le cause ed i misteri che tormentano gli italiani e l’umanità? Forse.
Certamente l’Italia, come altri paesi, ha avuto i suoi martiri e forse ancora ne avrà. Personalità eccezionali la cui memoria dovrebbe prendere il sopravvento su pericolose amnesie, troppe amnesie. C’è qualcuno in Italia e nel mondo che si ricorda dell’Ingegnere Enrico Mattei? Forse.
Non saranno i troppi “forse” ad aver determinato l’abisso in cui è sprofondato il mondo intero?
Nel lontano 1962, in Sicilia, nel constatare l’accoglienza di grande affetto, rivolta al presidente dell’Eni, il giornalista inglese William Mc Hale che lo accompagnò, poi, nel suo ultimo viaggio, affermò: “Lei, presidente, è molto amato dalla gente...”, “sì”, rispose Mattei, “dalla povera gente si…”.
Enrico Mattei, definito dalla stampa dell’epoca, l’uomo più potente d’Italia dopo Giulio Cesare, muore il 28 ottobre 1962, schiacciato dalla colpa d’aver cercato di contribuire alla costruzione di un mondo più giusto per tutti e nella convinzione che ciò è possibile. Se non in termini assoluti, quanto meno, cercando di avvicinarsi il più possibile eliminando gli orrori, bandendo le arroganze e le prepotenze, senza né-né- o nì-nì, ma con un No fermo, deciso, intelligente, umano. Un criterio, oggi come allora, definito “infantile e utopistico”. C’è chi continua, invece, a “giocare” con uno strumento demenziale quanto folle, ritenendolo inevitabile, e preventivo. Uomini come Mattei non hanno avuto niente d’infantile ma sono stati grandi uomini rimanendo “bambini” dopo aver conosciuto l’arroganza dei “grandi” che offende, insulta, mortifica e distrugge il vero significato di definirsi uomini.
Enrico Mattei nasce ad Acqualagna, un paesino marchigiano con poche centinaia di abitanti, il 29 aprile 1906, primo di cinque fratelli. Il padre era brigadiere. Legatissimo alla madre Angela e alla nonna Ester, fino a tredici anni Enrico vive ad Acqualagna, dove frequenta, senza distinguersi particolarmente, la scuola del paese. Nel 1919, andato in pensione il brigadiere Mattei, la famiglia si trasferisce a Matelica, centro più stimolante e ricco, a metà strada tra Fabriano e Camerino, nel Maceratese. A differenza di Acqualagna, dove la popolazione era dedita essenzialmente all'agricoltura e alla pastorizia, Matelica è un centro dove prosperano diverse aziende, sia pure piccole o piccolissime, che lavorano il ferro, la pietra, la pelle. Questa atmosfera di laboriosità influenzerà profondamente il giovane Enrico, che, dopo un periodo di relativo sbandamento e di noia profonda per la scuola (fra i tredici e i quindici anni egli si dedica soprattutto alla pesca alle trote nel fiume Esino), si impiega in una fabbrichetta di mobili in ferro con mansioni di verniciatore. Un anno dopo è fattorino alla "Conceria Fiore": qui il lavoro gli piace di più, e a diciassette anni diventa operaio, poi operaio specializzato, poi aiutante chimico; a diciannove anni è vicedirettore e a venti direttore. Mattei è sveglio e intelligente, molto incuriosito dai misteri della chimica, molto bravo nel trasmettere a chiunque il suo entusiasmo giovanile e nello sfruttare al meglio il suo inconfutabile fascino personale. Alla fine del 1928 però la Conceria Fiore deve chiudere i battenti in seguito alla grave crisi economica susseguente alla politica deflazionistica instaurata dal fascismo nel ' 26 e Mattei si ritrova senza lavoro. Egli parte allora per Milano, dove non gli è difficile trovare un posto di venditore alla Max Mayer, già fornitrice alla conceria di Matelica di vernici, smalti e solventi per la lavorazione del cuoio. Anche in questo ruolo, il suo forte carattere gli permette di avere subito successo, e già tre mesi dopo lo troviamo rappresentante esclusivo per l'Italia di un'altra ditta tedesca di prodotti per concerie, la Loewenthal. Questo impiego dà a Mattei la possibilità di approfondire le sue conoscenze sui prodotti chimici, e inoltre lo fa viaggiare per tutta l'Italia. E' proprio in questo periodo che egli impara a conoscere bene il Paese, i suoi abitanti e le loro caratteristiche. Un anno dopo, nel 1931, senza per questo abbandonare il suo ruolo commerciale presso la ditta tedesca, Mattei apre una sua piccola fabbrica di emulsioni per conceria, con due soli operai. E' l'inizio del successo: tre anni dopo la sua azienda è ormai lanciata: conta venti dipendenti e si chiama "Industria chimica lombarda grassi e saponi". La fortuna gli viene incontro poco dopo, quando egli riesce a mettere a punto un innovativo prodotto per zuccherifici, in grado di sostituire tutti quelli importati. Dopo gli anni un po' sbandati della prima adolescenza, Mattei mostra subito la tempra del grande condottiero: il coraggio, la capacità di cogliere al volo ogni possibile opportunità e una grande resistenza agli stress e alla fatica sono le doti che lo porteranno molto in alto negli anni della maturità. L'affetto per la famiglia di origine rimane sempre di fondamentale importanza per Mattei durante tutta la vita (a Milano si fa raggiungere da due fratelli, ai quali dà lavoro nella sua ditta), così come il legame con la terra marchigiana. Nel 1936 sposa a Vienna una bella ragazza, Margherita Paulas, ex ballerina di varietà, che gli rimarrà accanto fino alla fine ma che non gli darà eredi, se si esclude un neonato vissuto solo poche ore.
E' di quei primi anni a Milano l'amicizia profonda di Mattei per Marcello Boldrini, suo vicino di casa in piazza della Repubblica. I Boldrini erano stati vicini dei Mattei anche a Matelica, ma allora solo le due madri si frequentavano. Ora Boldrini, cinquantenne professore di statistica all'Università Cattolica di Milano, prende sotto la sua ala l'intraprendente giovanotto suo conterraneo, e con molta delicatezza lo aiuta a colmare le sue numerose lacune culturali. Intorno alla Cattolica in quegli anni gravitano molti nomi interessanti, e Mattei impara a conoscerli e a stimarli: Giuseppe Dossetti, Giorgio La Pira, Amintore Fanfani, Enrico Falck, tutti personaggi che giocheranno ruoli importanti nella vita del giovane Enrico. In quell'ambiente si discute molto anche del ruolo dell'imprenditore cristiano, che si vuole investito di una missione sociale, e delle sue responsabilità verso il popolo, mentre si critica decisamente il capitalismo in favore del ruolo equilibratore dello Stato anche in materia economica. E' la nuova teoria cristiano-sociale basata sul primato etico sia in politica che in economia. Mattei si iscrive ad una scuola serale e prende il diploma di ragioniere. Frequenta poi qualche lezione alla facoltà di Scienze Politiche e si avvicina alle dottrine di Roosevelt, di Gandhi, di Peron, di Franco e di Lenin. Nasce in quel periodo anche la sua passione per la pittura del ventesimo secolo, che lo porterà a collezionare molte opere interessanti. Nel 1943 si avvicina al Partito Popolare e grazie alle sue eccezionali doti di organizzatore nel marzo 1944 gli viene offerto da Orio Giacchi il posto di rappresentante DC nel comando militare del CLN, posto rimasto vacante dopo l'arresto di Galileo Vercesi. Non è facile per il giovane imprenditore decidere un passo come questo, che implica l'entrata in clandestinità, ma dopo averne vagliato attentamente i pro e i contro egli lascia la guida della sua azienda al fratello e accetta la proposta. Este, Monti, Marconi e Leone sono i nomi che Mattei assume operando nella Resistenza di volta in volta come rappresentante politico del CLN, ufficiale di collegamento partigiano, comandante militare democristiano. Egli viene arrestato il 26 ottobre , ma riesce a fuggire trentasette giorni dopo grazie anche ad aiuti esterni. Abile manager, Mattei svolge un ruolo di grande utilità all'interno delle forze partigiane curando i collegamenti interni e occupandosi di reperire e di allocare fondi. Alla fine della guerra Mattei affermerà di aver portato le forze partigiane democristiane da soli 2000 uomini a oltre 65000. Il 5 maggio 1945 egli è in prima fila nel corteo della Liberazione di Milano e riceve la "Bronze Star" dalle mani del generale statunitense Mark Wayne Clark. Nel 1948 viene eletto deputato nella circoscrizione di Milano-Pavia dopo una campagna elettorale decisamente anticomunista: suo compito del resto era sempre stato quello di sottrarre alla sfera comunista-marxista le forze progressiste per avvicinarle invece all'area cattolica della democrazia cristiana. Quale premio per la sua intensa se pur breve azione nella resistenza, Mattei riceve un ben misero incarico: commissario speciale all'Agip (Azienda generale italiana petroli)col compito di chiudere tutte le attività dell'ente e svenderlo.Per Mattei però tale nomina è comunque importante. Egli possiede ancora la sua fabbrica di prodotti chimici e riesce a far nominare suo fratello Umberto, che aveva mandato avanti l'azienda durante la sua clandestinità, commissario del Comitato industriale oli e grassi, e il suo amico Vincenzo Cazzaniga commissario del Comitato oli minerali, carburanti e succedanei: La carica di commissario dell'Agip gli interessa anche perché lo mette a contatto con prodotti non troppo lontani dal settore delle attività della sua ditta di Dergano. E del resto le sue conoscenze di chimica e degli oli avrebbero potuto essergli utili anche all'Agip. L'Agip era stata fondata in epoca fascista, e fino ad allora aveva dato solo dispiaceri al suo padrone: lo Stato italiano. Nata per "cercare, acquistare, trattare e commerciare petrolio", aveva scavato 350 pozzi non solo in Italia, ma anche in Albania, Ungheria e Romania, senza trovare niente, ed aveva finito per cedere per poco anche quelle piccole concessioni in Iran che avrebbero potuto darle qualche soddisfazione. Quando Mattei viene nominato commissario, l'Agip era divisa in due, come del resto la stessa Italia: A Roma era ancora in carica un consiglio di amministrazione dell'ente, mentre al nord Mattei aveva giurisdizione sulle attività relative all'Alta Italia: Premevano per la chiusura dell'Agip diverse forze economiche e politiche: innanzitutto gli americani, e in particolare le compagnie petrolifere anglo-statunitensi riunite nel cartello delle "7 sorelle", decise ad espandere il loro business sul territorio italiano che avevano appena liberato; in secondo luogo le aziende del settore a capitale privato, la Edison di Valerio e la Montecatini, ben attente ad impedire la concorrenza di un ente statale; infine le forze politiche legate al capitale privato e agli aiuti economici americani, nonché i liberali, per principio avversari di ogni intervento statale turbativo della libera iniziativa in campo economico. Favorevoli al mantenimento in vita dell'Agip, oltre naturalmente ai suoi tecnici e alle sue maestranze, sono gli esponenti della sinistra democristiani, fra cui Gronchi e Dossetti, che sostengono la necessità dell'intervento dello Stato attraverso gli enti pubblici nell'industria e nella finanzia, e che sono decisamente contrari ai grandi monopoli privati. Appena assunto l'incarico di commissario, Mattei si mette subito a guardare bene dentro quel giocattolo, deciso a non buttare via alcuna chance, nel caso ne avesse individuata una. A fine giugno incontra l'ingegner Carlo Zanmatti, suo predecessore nel ruolo di commissario Agip e allontanato dal quel posto i suoi precedenti di repubblichino. Mattei ha ormai già capito da solo che l'unico bene rimasto all'Agip è il valore dei suoi tecnici e la loro capacità nell'effettuare ricerche petrolifere. Non è preparato a comprendere quanto gli va dicendo Zanmatti, che gli spiega i pregi del metano per l'utilizzo industriale. Perché gli parla del metano, quando lui vuole il petrolio? Zanmatti gli riferisce che nel corso delle ultime trivellazioni, interrotte nel ' 44 per l'avanzare del fronte bellico, l'Agip ne aveva trovato tracce promettenti a Caviaga, in Val Padana. Mattei prende sul serio le informazioni di Zanmatti, va a Caviaga, parla coi tecnici, si fa spiegare tutto sul metano, poi dà via libera all'ingegnere per riprendere i lavori di scavo, in aperta violazione degli ordini ministeriali ricevuti. Una spinta in questa direzione gli viene anche da un'offerta di Giorgio Valerio, che si offre di acquistare per 60 milioni le attrezzature dell'Agip-Alta Italia. "Se Valerio offre tanto", ragiona Mattei, "allora significa che l'Agip vale molto di più. Forse a Caviaga c'è il petrolio!". Mattei ormai ha varcato il Rubicone e mette al lavoro i tecnici dell'Agip, che comunque da mesi erano pagati senza fare niente. A Raffaele Mattioli, della Banca Commerciale, chiede un prestito per finanziare le attività dell'ente. Il suo appello al capo del governo Ferruccio Parri non rimane inascoltato: l'Agip di Roma e quella di Milano vengono unificate e il 17 ottobre 1945. Mattei è nominato vicepresidente. Significa che la ripresa dei lavori a Caviaga viene di fatto approvata. Nel marzo 1946 il pozzo numero 2 di Caviaga si riempie di bolle: è il metano, che sgorga a 150 atmosfere e aspetta solo di essere incanalato in una conduttura di tubi per essere portato alle industrie da rifornire. Da questo momento, sempre con l'aiuto di Zanmatti, l'Agip gira a pieno regime e Mattei può già intravvedere i futuri grandi utili che riuscirà ad ottenere dalla vendita del metano. Le lotte intorno all'ente però non sono ancora finite: il metano della Val Padana comincia a far gola a molti, e le "7 sorelle" tornano all'attacco molto pesantemente anche a livello politico. Mattei però è convinto di dover assicurare all'Italia risorse petrolifere autonome per garantirle così anche l'autonomia politica, e non intende fare neppure un passo indietro. Il 9 maggio 1947 i suoi avversari riescono a fargli perdere la poltrona di vicepresidente, anche se non ad estrometterlo dal consiglio di amministrazione, e la partita sembra ormai irrimediabilmente perduta per Mattei. Gli americani ottengono l'accesso a tutto il patrimonio delle ricerche Agip e ne prendono visione con molto interesse. Il pozzo di Caviaga viene chiuso e viene venduta la raffineria di Marghera ad una società partecipata dalla British Petroleum. La Edison prepara un piano per trasformare l'Agip in una società posseduta per un terzo dalla Edison stessa, un terzo dall'Agip e un terzo dalla società Metano, partecipata a sua volta dalla Ras e dalla Edison. Mattei, sempre più convinto che l'indipendenza politica passi per l'indipendenza economica, sempre più sicuro che lo sfruttamento dei giacimenti di un Paese spettino allo Stato e solo allo Stato in favore di tutta la popolazione, rimane sconvolto da questi progetti e si appella ad Ezio Vanoni, illuminato esponente in ascesa della sinistra democristiana. Questi a sua volta si rivolge direttamente al capo del governo, Alcide De Gasperi. In cambio dell'aiuto di Mattei alle vicine elezioni (la DC vincerà col 48% contro il 31% del Fronte Popolare), De Gasperi il 10 giugno 1948 fa eleggere un nuovo consiglio di amministrazione Agip: Mattei è vicepresidente, il suo amico Boldrini presidente. Il 19 marzo 1949 dal pozzo numero 1 di Cortemaggiore, vicino a Milano, il metano sgorga umido. Si tratta di petrolio, e di buona qualità. Si scoprirà presto che la quantità di petrolio presente in quel deposito è davvero poca, ma Mattei sfrutta al massimo l'impatto psicologico di quel ritrovamento, riuscendo a sventare nuovi attacchi dei suoi infaticabili avversari, che stavano per far approvare una legge mineraria tale, che "la stessa Standard Oil non avrebbe potuto fare di meglio". L'annuncio del ritrovamento petrolifero a Cortemaggiore giunge al momento giusto. "Il giacimento di Cortemaggiore", dichiara Mattei,"è di un'importanza rilevantissima. Sarebbe oggi difficile calcolarne il valore, che indubbiamente è molto rilevante". Gli dà una mano anche il Corriere della Sera, con articoli così entusiastici da far salire i titoli delle società Anic e Petroli, le due aziende del gruppo quotate in borsa. A questo punto il parlamento approva la proposta di Vanoni di riservare allo Stato le ricerche nel sottosuolo della Val Padana, lasciando libertà di ricerca nel resto del Paese. La risposta di Mattei è una forte accelerata al ritmo delle trivellazioni, e i risultati non si fanno attendere: giacimenti di gas vengono individuati a Cornegliano (MI), Pontenure (PC), Bordolano (CR), Correggio (RE), e Ravella. Oltre ad estrarre il metano, l'Agip deve però pensare anche a trasportarlo, e per fare questo deve posare i tubi del suo metanodotto. Mattei non va certo per il sottile: egli stesso si vanta di aver trasgredito almeno 8000 tra leggi, leggine e ordinanze varie. Il suo metodo consiste nel fare prima, e nel discutere poi. I suoi uomini scavano di notte per posare i loro tubi, e poi di giorno ricoprono gli scavi con molte scuse. A chi protesta, Mattei offre concambi vantaggiosi: il restauro della chiesa, se è il parroco a lamentarsi, l'acquisto del raccolto se sono i contadini a sentirsi danneggiati, la concessione della gestione di una pompa Agip o un posto di lavoro fisso, o anche una raccomandazione a Roma, a seconda dei bisogni. Se il sindaco è comunista, Mattei rispolvera il suo passato di partigiano, a volte si fa amico qualche maresciallo dei carabinieri raccontando gli exploit di suo padre, il fatto è che riesce sempre ad installare le sue strutture in tempi record e quasi sempre senza contestazioni. Le sue risorse più importanti sono senza dubbio alcuno i suoi uomini, che lo aiutano in tutti i modi. Tutti scelti personalmente da lui, gli sono fedeli e lavorano con entusiasmo, pronti a spendersi senza risparmio. Moltissimi sono di Matelica ( tanto che la sigla della Snam, società creata dall'Agip specificamente per la ricerca, viene tradotta in "Siamo nati a Matelica" ), altri provengono dalle forze dell'ordine, altri dalla Resistenza, altri ancora sono raccomandati da amici influenti, ma tutti gli sono grati e sono pronti a farsi in quattro per lui. Gli riconoscono una indubbia leadership ed ammirano la sua totale dedizione al lavoro. Da dove provengono i soldi che Mattei usa generosamente per spianare la strada alle attività dell'Agip? Certamente dal metano. Un metro cubo di metano viene venduto a 12 lire, con un margine medio di guadagno di 8,5 lire al metro cubo, e questi altissimi profitti non risultano da nessuna parte nei bilanci dell'ente. Mattei non utilizza neppure una lira per se stesso, ma profonde denaro a larghe mani per garantirsi coperture politiche e appoggi giornalistici, per legare a sé gli uomini migliori e per acquistare le attrezzature più moderne. La sua attività continua instancabile: egli si deve continuamente difendere dagli attacchi dei suoi nemici, che tramano per ottenere leggi a loro favorevoli; si prodiga per convincere gli imprenditori ad utilizzare il suo gas anche se ciò comporta l'adattamento dei loro impianti; continua a posare chilometri e chilometri di tubi per i suoi gasdotti;allarga ilraggio delle sue trivellazioni. Per vendere il suo metano, egli utilizza tutti i metodi che aveva imparato quando vendeva vernici e prodotti per concerie: annunci sui giornali, incarichi a piazzisti, l'invenzione di slogan di successo come "Supercortemaggiore, la potente benzina italiana" e logo affascinanti come il famoso cane a sei zampe che sputa fuoco dalle fauci aperte. Ma la benzina Agip è anche di ottima qualità, e le pompe Agip sono nuove e ben attrezzate, i gabinetti sono puliti e il personale offre numerosi servizi gratuiti come la pulitura dei vetri o il controllo dell'olio e dei pneumatici. Pochi anni dopo Mattei importerà dagli Stati Uniti l'idea dei motel, che impianterà su tutto il territorio nazionale per il conforto anche notturno dei viaggiatori.
Tra il 1950 e il 1952 Mattei deve affrontare nuove battaglie a Roma per ottenere la costituzione dell' ENI (Ente nazionale idrocarburi), di cui diventa presidente nel luglio 1952. Vicepresidente è il suo maestro e amico Marcello Boldrini. Agip, Agip mineraria, Romsa e Snam sono le società guidate dall' ENI, e Mattei si occupa personalmente di ognuna di loro. Il 4 marzo 1953 egli si dimette dalla sua carica di deputato in Parlamento per dedicarsi completamente alle sue aziende.
Nel 1954 la sua campagna per la vendita del liquigas in bombole trasforma le abitudini degli italiani: egli toglie l'obbligo di cauzione per le bombole e ne ribassa il prezzo del 12%. I camioncini Agip portano le bombole in ogni casa, anche nei luoghi più isolati, e le famiglie italiane imparano ad apprezzare i vantaggi delle cucine a gas, che vengono a sostituire le molto più impegnative stufe a legna o a carbone. Producendo fertilizzanti con l'idrogeno derivato dal metano, Mattei ne abbassa il prezzo anche del 70%, mettendo così in grado quasi tutti gli agricoltori di coltivare i loro campi sfruttandone al meglio le possibilità. Anche il prezzo della benzina viene ribassato, e questa politica dell'ente statale mette in crisi la concorrente Edison, che viene incorporata dalla Montecatini. Sarà poi il successore di Mattei, Eugenio Cefis, a scalare la Montedison per conto dell' ENI.
Cedendo alle pressanti richieste del suo amico Giorgio La Pira, sindaco di Firenze, e di Amintore Fanfani, Mattei rileva gli stabilimenti Pignone, un'industria meccanica decotta e vicina al fallimento e in pochi anni ne fa una ditta leader nella produzione di tecnologie innovative al servizio della ricerca e dell'estrazione di risorse del sottosuolo, anche utilizzando piattaforme marine.
A questo punto a Mattei resta un solo vero problema: il petrolio di Cortemaggiore non è certo abbondante, e lui ha grosse difficoltà a reperirne all'estero, dove il cartello delle 7 sorelle non gli lascia spazio.Il suo tentativo di approfittare della crisi tra il governo iraniano e la British Petroleum offrendo allo Scià un contratto vantaggiosissimo non passa, e neppure riesce ad entrare nel consorzio di Abadan per l'opposizione decisa delle grandi compagnie che lo considerano un avventuriero, un "petroliere senza petrolio". Ma ogni affronto fatto all' ENI è per Mattei uno sgarbo all'Italia, egli ne soffre e attende il momento per rifarsi.Il 12 aprile 1956 inaugura il villaggio di Metanopoli alle porte di Milano, il 21 dello stesso mese esce il primo numero de "Il Giorno", quotidiano finanziato dall' ENI e diretto da Gaetano Baldacci, brillante e spregiudicato giornalista marchigiano,sempre controllato molto da vicino da Mattei.Oltre ad essere una evidente cassa di risonanza dei successi dell' ENI,iIl Giorno apre una svolta nel giornalismo italiano: vivace e innovativo negli articoli e nelle fotografie, raggiunge in certi momenti tirature altissime, anche se a fronte di costi sempre esagerati. La linea politica de Il Giorno propone un avvicinamento ai Paesi africani e mediorientali in contrasto con le strategie dei Paesi ex colonialisti, Francia e Gran Bretagna. Gli Stati Uniti guardano con preoccupazione questa linea, condivisa dal presidente Gronchi, da Amintore Fanfani e dal ministro per gli affari esteri Pella, denominata "neoatlantismo".
Dopo essere riuscito a fare approvare l'11 gennaio 1957 una legge mineraria che garantisce all'ENI libertà di azione in Italia e all'estero, Mattei dedica tutte le sue energie a tessere rapporti sempre più stretti con i Paesi produttori. Lo troviamo in Egitto, in Iran, in Libia, in Giordania.
Mattei non si sente affatto legato alle regole tradizionale dei contratti fino ad allora portati avanti dalla compagnie petrolifere americane e inglesi, e non ha remore ad offrire ai Paesi produttori condizioni molto più favorevoli. Rompendo con l'abituale percentuale del 50%, egli arriva ad offrire fino al 75% , e in più fa dei Paesi produttori i suoi partner in imprese di cui lui solo sopporterà i rischi. Egli offre tecnologia, borse di studio per le sue scuole di formazione a Metanopoli, partecipazione nei riguardi delle aspirazioni di riscatto di questi Paesi ritenuti da altri arretrati e poco civilizzati. Mattei piace ai leader dei Paesi produttori perché, diversamente dai petrolieri delle 7 sorelle, egli non si rivolge a loro con quell'atteggiamento di superiorità tanto inviso ai Paesi in via di sviluppo in quanto carico di echi colonialisti. E questi Paesi non considerano l'Italia un Paese ex colonialista. Mattei sa di avere bisogno di quel petrolio che non ha potuto trovare nel sottosuolo italiano, e guarda ai Paesi esportatori con vivo interesse e anche con rispetto. Egli non si sente intrinsecamente superiore ai suoi interlocutori mediorientali o nordafricani, ma anzi è pronto ad ingaggiare con loro una sfida intelligente volta alla conclusione di affari vantaggiosi per entrambe le parti in causa. Egli sa bene che gli accordi capestro creano a lungo andare solo nemici, e vuole seriamente instaurare buone relazioni con questi Paesi. La politica estera di Mattei mette spesso a disagio il governo italiano (molto più timoroso e tradizionalista di lui), sempre preoccupato di pestare i piedi alle grandi potenze. Come scrive Nico Perrone nel suo libro su Mattei, " i progetti di Mattei talvolta andavano oltre il campo degli affari... Essi ipotizzavano persino la promozione di una federazione non vincolata (loose federation) fra Marocco, Algeria, Tunisia, ed eventualmente Libia, in vista di una associazione di cooperazione e sviluppo coi Paesi europei... In questa federazione, strana e un po' confusa, Mattei pensava di coinvolgere gli Stati Uniti e persino l' URSS, volendo tuttavia conservare all'Italia una funzione di iniziativa e di leadership".
A Tunisi Mattei installa la sede di un "Ufficio per le relazioni con la stampa in Africa del Nord", incaricato dei rapporti con il Fronte di Liberazione Nazionale algerino, mentre più tardi istituirà a Beiruth un "Ufficio per le relazioni con la stampa nei Paesi del Medio Oriente".
Nel 1957 Mattei riesce a chiudere un sospiratissimo contratto con l'Iran: nelle trattative egli aveva offerto persino una visita ufficiale del presidente della Repubblica italiana in Iran e, pare, la mano di Maria Gabriella di Savoia per Reza Pahlavi. In Iran l' Eni può ora effettuare le sue ricerche in tre zone, anche se molto impervie, due addirittura in mare. Ma il vero successo di Mattei sta nell'aver fatto breccia nel sistema monopolistico anglo-americano, e questo egli lo sa bene. Anche se non riesce subito ad ottenere concessioni in Iraq e in Libia, si consola in Marocco, dove il re Maometto V intesse buoni rapporti con lui, e con le aperture che gli offrono i rivoluzionari algerini nel loro Paese.Nel 1958 arriva una piccola commessa anche in Giordania. La troppo disinvolta gestione dei fondi ENI espone Mattei ad attacchi violenti in patria e a molte critiche, che sfociano in una pericolosa campagna stampa sostenuta contro di lui e ispirata dalle 7 sorelle. Altri attacchi gli arrivano per la partecipazione dell' ENI alla costruzione della centrale nucleare di Latina e per essersi nascosto dietro una anonima "Compagnia di ricerche idrocarburi" per rientrare in rapporto con la Libia. Ormai nulla può però fermare Mattei, che gioca su così tanti tavoli, da poter sempre bilanciare una sconfitta con altre vittorie. Ottiene infatti permessi di scavo in Cirenaica, e si muove anche in Sicilia, territorio a lui finora precluso dalla legge mineraria nazionale. Il suo appoggio al deputato regionale Silvio Milazzo gli apre subito la via ai primi scavi dell' ENI nell'isola. Guardando all' Europa, dà l'avvio ad un ambizioso progetto di oleodotto da Genova all'Inghilterra, attraverso la Svizzera, la Germania, la Francia, anche se è ancora troppo presto per aver ragione del fronte degli industriali europei.  Il suo attivismo non ha più limiti: l' ENI acquista la "Lanerossi" entrando così nel settore tessile e la "Società italiana vetro", per affacciarsi anche nel settore vetrario. Ottiene concessioni di ricerca petrolifera in Somalia, Egitto, Iran, Marocco, Libia, Sudan, Tunisia. Riesce ad introdursi perfino in Cina, dove firma un accordo per la consegna di fertilizzanti.
Le reti di distribuzione (4.434chilometri di metanodotti in Italia nel 1962) si snodano in Africa dalla Costa d'Avorio all' Etiopia, dal Marocco al Senegal, dal Ghana alla Somalia, dalla Tunisia al Sudan; in Asia in Libano, Giordania, India, Iran, Iraq, Pakistan; in America latina, in Argentina.
Dopo una visita di Mattei in Unione Sovietica, si aprono le frontiere di questo grande Paese per i contratti con l' ENI, e il primo contratto alla fine del 1960 prevede l'acquisto di petrolio in cambio di gomma sintetica, tubi e apparecchiature tecnologiche avanzate per la ricerca e l'estrazione.
In un certo senso Mattei non può essere considerato estraneo ad un avvenimento politico ed economico di grande importanza: la nascita, il 9 settembre 1960, dell'OPEC, Organisation of Petroleum Exporting Countries, cui aderiscono Iran, Arabia Saudita, Iraq, Kuwait, Venezuela.
L'OPEC infatti è la riprova di una nuova presa di coscienza del proprio ruolo da parte dei Paesi produttori, e Mattei ha giocato un ruolo fondamentale dimostrando loro che i "dictat" delle 7 sorelle non erano inconfutabili. Le scuole di Metanopoli ospitano ormai studenti provenienti da tutti i Paesi con cui l' ENI ha rapporti, e Mattei sa che questo investimento darà i suoi frutti negli anni a venire, quando i suoi ex-allievi avranno raggiunto posizioni preminenti nei loro Stati.
Nel 1961 la prima petroliera italiana carica di petrolio iraniano estratto dall'Agip attracca nel porto diBari: è un grande successo personale per Mattei! Nel 1962 l' ENI dà lavoro a 55.700 persone, investe 209 miliardi, ne fattura 357, possiede 15 petroliere e guadagna 6 miliardi ufficiali, ma probabilmente più di 50. I debiti ammonteranno, nel 1963, a 700 miliardi di lire.
Si tratta di un colosso con interessi in mezzo mondo, guidato da un solo uomo, che ne tiene strettamente in pugno i destini. Troppo potere, troppo denaro, troppi onori, troppi nemici.
Alle 18,55 del 27 ottobre 1962 l'aereo di Enrico Mattei, in avvicinamento all'aeroporto di Linate proveniente da Catania, si schianta al suolo vicino a Bascapé, in provincia di Pavia.
Era ai comandi un esperto pilota, il comandante Bertuzzi, con Mattei dal 1958.
Disastro o attentato? Il dilemma non sarà mai risolto, anche se suona molto sinistro il fatto che pochi giorni prima fosse stato trovato un cacciavite "dimenticato" nella presa d'aria di un motore.


“Il petrolio fa cadere i governi, fa scoppiare le rivoluzioni, i colpi di stato, condiziona l’equilibrio nel mondo … se l’Italia ha perso l’autobus del petrolio è perché gli industriali italiani, questi grandi industriali, non se ne sono mai occupati … non volevano disturbare la digestione dei potenti...
Il destino di milioni e milioni di uomini nel mondo in questo momento dipende da 4 o 5 miliardari americani…
La mia ambizione è battermi contro questo monopolio assurdo.
E se non ci riuscirò io, ci riusciranno quei popoli che il petrolio ce l’hanno sotto i piedi.”



 “Una ventina di anni fa ero un buon cacciatore e andavo molto spesso a caccia. Avevo due cani,un bracco tedesco e un setter ,e cominciando all’alba  e finendo a sera,su e giù per i canaloni, i cani erano stanchissimi. Ritornando a casa dai contadini,la prima cosa che facevamo era da dare da mangiare ai cani  e gli veniva dato un catino di zuppa,che forse bastava per cinque.
Una volta vidi entrare un piccolo gattino,così magro,affamato,debole. Aveva una gran paura,e si avvicinò piano piano. Guardò ancora i cani,fece un miagolio e appoggiò una zampina al bordo del catino. Il bracco tedesco gli dette un colpo lanciando il gattino a tre o quattro metri,con la spina dorsale rotta. Questo episodio mi fece molta impressione.
Ecco ,noi siamo stati il gattino,per i primi anni………”

Enrico Mattei   23 Marzo 1961

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