di Domenico Latino
Sono tempi di
paura, incertezze, sgomento, incredulità, rabbia. Sono tempi in cui la memoria
dovrebbe prendere il sopravvento sulle amnesie.
1962, anno dei boom economici
(per alcuni), dei Beatles, della seicento, dei jukebox ma anche di Cuba, della
Baia dei Porci, del rischio di una terza guerra mondiale terribile.
L’atomica aveva causato già i
suoi orrori (Hiroshima, Nagasaki.. per mano di chi? Di qualche folle dittatore?
O dalla decisione di governi così detti democratici?) Quando il pericolo fu
evitato, i più, forse, non se n’erano nemmeno resi conto o non ne furono
adeguatamente o sufficientemente informati, forse.
1962, muore Enrico Mattei in un
drammatico incidente aereo, un nome, forse, estraneo alle nuove generazioni.
Dimenticato, forse, volutamente dalle vecchie generazioni o accantonato dalle
imperdonabili amnesie.
Francesco Rosi, regista, nel 1972
realizza un film – dossier “Il caso Mattei”, qualche anno prima incarica Mauro
De Mauro, giornalista di un quotidiano palermitano, di ricostruire gli ultimi
due giorni trascorsi da Mattei in Sicilia.
Ma chi era Mattei?
Il protagonista: Mattei è il
presidente dell’Eni (Ente Nazionale Idrocarburi).
Contesti e soggetti: l’Italia,
gli americani e le sette sorelle (grandi compagnie petrolifere), i paesi del Medio
Oriente e poi il protagonista dei protagonisti “il petrolio”.
Mattei, che tutti chiamano
l’Ingegnere, si è prefisso un obiettivo: lo sviluppo del Paese che considera di
forti potenzialità; ostacolare il monopolio americano sui pozzi petroliferi in
Africa dove gli indigeni vivono in povertà e muoiono di fame, subendo un
arrogante sfruttamento e colonizzazione occidentale. Il film di Rosi è la
memoria di un fatto archiviato fra i così detti misteri di casa nostra.
Rispettato, temuto, minacciato
più volte di morte, Mattei è deciso a combattere i “quattro miliardari” che
decidono come muovere i fili legati alla sorte di miliardi e miliardi di esseri
umani. Li definisce proprio così “quattro miliardari” prepotenti: mi ha
sbalordito sentire la sua definizione, riportata magistralmente
dall’interpretazione di Gian Maria Volontè. Dal 1962 ad oggi sono trascorsi più
di quarant’anni, dal film-dossier di Rosi una decina in meno ma ciò che dice
Mattei ad un giornalista che lo accompagna fra i pozzi petroliferi africani
sembrano parole pronunciate appena, appena pochi giorni fa, più o meno dice
così: “Se non sarò io a fermarli (gli alleati d’oltre oceano, dei quali, credo,
nessuno ha dimenticato o rinnega l’aiuto nell’ultima guerra, anche se
ampiamente compensato, ma ciò non vuol dire divenirne i vassalli e condividere
sempre e comunque metodi, comportamenti, regole, criteri) saranno i popoli che
camminano su queste terre nel cui ventre scorre l’80% del petrolio mondiale.
"Mattei non impone lo
sfruttamento delle risorse, come fanno gli americani, ma applica la politica
del fifty-fifty. Ai governanti dell’Iran e dell’Egitto, ad esempio, formula
questa proposta: l’Eni si sobbarca tutte le spese per la ricerca petrolifera.
Se il petrolio non c’è, voi non ci rimettete nulla. Se invece c’è, il paese
produttore diventa socio al 50% dell’Eni, dopo aver pagato la metà del costo di
sviluppo del giacimento e aver rimborsato le spese iniziali. In più, al paese
produttore, va un altro 50%, cioè la differenza tra costo materiale e il prezzo
di vendita del greggio. Ovvio che di fronte a questa ardita proposta i paesi
arabi, ricchissimi di petrolio, vedono Mattei come un amico, preferendo
trattare con lui piuttosto che con altri".
Quando si scopre il metano nel
sottosuolo siciliano, oltre che in quello della Lombardia, Mattei si reca
nell’isola ed esorta la gente a far ritornare i propri cari emigrati poiché, da
lì a poco, ci sarebbe stato lavoro e sviluppo.
Sicuramente l’Ingegnere Mattei
amava l’Italia e amava gli italiani, soprattutto amava l’umanità, non a caso
uno dei suoi pensieri era di contribuire allo sviluppo dei popoli produttori
del così detto “oro nero”, ostacolando la politica (anche italiana) che
permetteva benefici solo per i paesi consumatori del petrolio, che, come lui sosteneva,
era la causa di tutte le rivoluzioni, guerre, colpi di stato e soprattutto fame
e morte per miliardi e miliardi di esseri umani.
Mattei muore, forse, in un
incidente. Mauro De Mauro scompare misteriosamente. C’è chi afferma che, forse,
è stato ammazzato per il caso Mattei. L’aeroplano, un Morane Saulnier, che
avrebbe dovuto riportare l’ingegnere a Milano e da lì a pochi giorni in Algeria
per firmare un accordo sulla produzione petrolio scomodo per le “sette
sorelle”, si schianta nei cieli della Val Padana e c’è chi dice che è stato
sabotato.
2005. Sono tempi in cui soffiano
venti di guerra, c’è chi dice che a causarli è il protagonista dei protagonisti
“il petrolio” e la prepotenza, mai sopita, di chi ancora crede di poter
egemonicamente governare il mondo. Il pensiero e la volontà di Mattei e di
uomini come lui, forse, avrebbero ostacolato o cercato di evitare i risultati
di questo presente tormentato dagli orrori e dallo stesso pericolo, forse ancor
più pericoloso, in cui tutto il mondo fu minacciato nel lontano 1962: la
guerra. Saremo capaci di evitarlo per una volta ancora? Sapremo sconfiggere le
cause ed i misteri che tormentano gli italiani e l’umanità? Forse.
Certamente l’Italia, come altri
paesi, ha avuto i suoi martiri e forse ancora ne avrà. Personalità eccezionali
la cui memoria dovrebbe prendere il sopravvento su pericolose amnesie, troppe
amnesie. C’è qualcuno in Italia e nel mondo che si ricorda dell’Ingegnere
Enrico Mattei? Forse.
Non saranno i troppi “forse” ad
aver determinato l’abisso in cui è sprofondato il mondo intero?
Nel lontano 1962, in Sicilia, nel
constatare l’accoglienza di grande affetto, rivolta al presidente dell’Eni, il
giornalista inglese William Mc Hale che lo accompagnò, poi, nel suo ultimo
viaggio, affermò: “Lei, presidente, è molto amato dalla gente...”, “sì”,
rispose Mattei, “dalla povera gente si…”.
Enrico Mattei, definito dalla
stampa dell’epoca, l’uomo più potente d’Italia dopo Giulio Cesare, muore il 28
ottobre 1962, schiacciato dalla colpa d’aver cercato di contribuire alla
costruzione di un mondo più giusto per tutti e nella convinzione che ciò è
possibile. Se non in termini assoluti, quanto meno, cercando di avvicinarsi il
più possibile eliminando gli orrori, bandendo le arroganze e le prepotenze,
senza né-né- o nì-nì, ma con un No fermo, deciso, intelligente, umano. Un
criterio, oggi come allora, definito “infantile e utopistico”. C’è chi
continua, invece, a “giocare” con uno strumento demenziale quanto folle,
ritenendolo inevitabile, e preventivo. Uomini come Mattei non hanno avuto
niente d’infantile ma sono stati grandi uomini rimanendo “bambini” dopo aver
conosciuto l’arroganza dei “grandi” che offende, insulta, mortifica e distrugge
il vero significato di definirsi uomini.
Enrico Mattei nasce ad
Acqualagna, un paesino marchigiano con poche centinaia di abitanti, il 29
aprile 1906, primo di cinque fratelli. Il padre era brigadiere. Legatissimo
alla madre Angela e alla nonna Ester, fino a tredici anni Enrico vive ad
Acqualagna, dove frequenta, senza distinguersi particolarmente, la scuola del
paese. Nel 1919, andato in pensione il brigadiere Mattei, la famiglia si
trasferisce a Matelica, centro più stimolante e ricco, a metà strada tra
Fabriano e Camerino, nel Maceratese. A differenza di Acqualagna, dove la popolazione
era dedita essenzialmente all'agricoltura e alla pastorizia, Matelica è un
centro dove prosperano diverse aziende, sia pure piccole o piccolissime, che
lavorano il ferro, la pietra, la pelle. Questa atmosfera di laboriosità
influenzerà profondamente il giovane Enrico, che, dopo un periodo di relativo
sbandamento e di noia profonda per la scuola (fra i tredici e i quindici anni
egli si dedica soprattutto alla pesca alle trote nel fiume Esino), si impiega
in una fabbrichetta di mobili in ferro con mansioni di verniciatore. Un anno
dopo è fattorino alla "Conceria Fiore": qui il lavoro gli piace di
più, e a diciassette anni diventa operaio, poi operaio specializzato, poi
aiutante chimico; a diciannove anni è vicedirettore e a venti direttore. Mattei
è sveglio e intelligente, molto incuriosito dai misteri della chimica, molto
bravo nel trasmettere a chiunque il suo entusiasmo giovanile e nello sfruttare
al meglio il suo inconfutabile fascino personale. Alla fine del 1928 però la
Conceria Fiore deve chiudere i battenti in seguito alla grave crisi economica
susseguente alla politica deflazionistica instaurata dal fascismo nel ' 26 e
Mattei si ritrova senza lavoro. Egli parte allora per Milano, dove non gli è
difficile trovare un posto di venditore alla Max Mayer, già fornitrice alla
conceria di Matelica di vernici, smalti e solventi per la lavorazione del
cuoio. Anche in questo ruolo, il suo forte carattere gli permette di avere
subito successo, e già tre mesi dopo lo troviamo rappresentante esclusivo per
l'Italia di un'altra ditta tedesca di prodotti per concerie, la Loewenthal.
Questo impiego dà a Mattei la possibilità di approfondire le sue conoscenze sui
prodotti chimici, e inoltre lo fa viaggiare per tutta l'Italia. E' proprio in
questo periodo che egli impara a conoscere bene il Paese, i suoi abitanti e le
loro caratteristiche. Un anno dopo, nel 1931, senza per questo abbandonare il
suo ruolo commerciale presso la ditta tedesca, Mattei apre una sua piccola
fabbrica di emulsioni per conceria, con due soli operai. E' l'inizio del
successo: tre anni dopo la sua azienda è ormai lanciata: conta venti dipendenti
e si chiama "Industria chimica lombarda grassi e saponi". La fortuna
gli viene incontro poco dopo, quando egli riesce a mettere a punto un innovativo
prodotto per zuccherifici, in grado di sostituire tutti quelli importati. Dopo
gli anni un po' sbandati della prima adolescenza, Mattei mostra subito la
tempra del grande condottiero: il coraggio, la capacità di cogliere al volo
ogni possibile opportunità e una grande resistenza agli stress e alla fatica
sono le doti che lo porteranno molto in alto negli anni della maturità.
L'affetto per la famiglia di origine rimane sempre di fondamentale importanza
per Mattei durante tutta la vita (a Milano si fa raggiungere da due fratelli,
ai quali dà lavoro nella sua ditta), così come il legame con la terra
marchigiana. Nel 1936 sposa a Vienna una bella ragazza, Margherita Paulas, ex
ballerina di varietà, che gli rimarrà accanto fino alla fine ma che non gli
darà eredi, se si esclude un neonato vissuto solo poche ore.
E' di quei primi anni a Milano
l'amicizia profonda di Mattei per Marcello Boldrini, suo vicino di casa in
piazza della Repubblica. I Boldrini erano stati vicini dei Mattei anche a
Matelica, ma allora solo le due madri si frequentavano. Ora Boldrini,
cinquantenne professore di statistica all'Università Cattolica di Milano,
prende sotto la sua ala l'intraprendente giovanotto suo conterraneo, e con
molta delicatezza lo aiuta a colmare le sue numerose lacune culturali. Intorno
alla Cattolica in quegli anni gravitano molti nomi interessanti, e Mattei
impara a conoscerli e a stimarli: Giuseppe Dossetti, Giorgio La Pira, Amintore
Fanfani, Enrico Falck, tutti personaggi che giocheranno ruoli importanti nella
vita del giovane Enrico. In quell'ambiente si discute molto anche del ruolo
dell'imprenditore cristiano, che si vuole investito di una missione sociale, e
delle sue responsabilità verso il popolo, mentre si critica decisamente il
capitalismo in favore del ruolo equilibratore dello Stato anche in materia
economica. E' la nuova teoria cristiano-sociale basata sul primato etico sia in
politica che in economia. Mattei si iscrive ad una scuola serale e prende il
diploma di ragioniere. Frequenta poi qualche lezione alla facoltà di Scienze
Politiche e si avvicina alle dottrine di Roosevelt, di Gandhi, di Peron, di
Franco e di Lenin. Nasce in quel periodo anche la sua passione per la pittura
del ventesimo secolo, che lo porterà a collezionare molte opere interessanti.
Nel 1943 si avvicina al Partito Popolare e grazie alle sue eccezionali doti di
organizzatore nel marzo 1944 gli viene offerto da Orio Giacchi il posto di
rappresentante DC nel comando militare del CLN, posto rimasto vacante dopo
l'arresto di Galileo Vercesi. Non è facile per il giovane imprenditore decidere
un passo come questo, che implica l'entrata in clandestinità, ma dopo averne
vagliato attentamente i pro e i contro egli lascia la guida della sua azienda
al fratello e accetta la proposta. Este, Monti, Marconi e Leone sono i nomi che
Mattei assume operando nella Resistenza di volta in volta come rappresentante
politico del CLN, ufficiale di collegamento partigiano, comandante militare
democristiano. Egli viene arrestato il 26 ottobre , ma riesce a fuggire trentasette
giorni dopo grazie anche ad aiuti esterni. Abile manager, Mattei svolge un
ruolo di grande utilità all'interno delle forze partigiane curando i
collegamenti interni e occupandosi di reperire e di allocare fondi. Alla fine
della guerra Mattei affermerà di aver portato le forze partigiane democristiane
da soli 2000 uomini a oltre 65000. Il 5 maggio 1945 egli è in prima fila nel
corteo della Liberazione di Milano e riceve la "Bronze Star" dalle
mani del generale statunitense Mark Wayne Clark. Nel 1948 viene eletto deputato
nella circoscrizione di Milano-Pavia dopo una campagna elettorale decisamente
anticomunista: suo compito del resto era sempre stato quello di sottrarre alla
sfera comunista-marxista le forze progressiste per avvicinarle invece all'area
cattolica della democrazia cristiana. Quale premio per la sua intensa se pur
breve azione nella resistenza, Mattei riceve un ben misero incarico:
commissario speciale all'Agip (Azienda generale italiana petroli)col compito di
chiudere tutte le attività dell'ente e svenderlo.Per Mattei però tale nomina è
comunque importante. Egli possiede ancora la sua fabbrica di prodotti chimici e
riesce a far nominare suo fratello Umberto, che aveva mandato avanti l'azienda
durante la sua clandestinità, commissario del Comitato industriale oli e
grassi, e il suo amico Vincenzo Cazzaniga commissario del Comitato oli
minerali, carburanti e succedanei: La carica di commissario dell'Agip gli
interessa anche perché lo mette a contatto con prodotti non troppo lontani dal
settore delle attività della sua ditta di Dergano. E del resto le sue
conoscenze di chimica e degli oli avrebbero potuto essergli utili anche
all'Agip. L'Agip era stata fondata in epoca fascista, e fino ad allora aveva
dato solo dispiaceri al suo padrone: lo Stato italiano. Nata per "cercare,
acquistare, trattare e commerciare petrolio", aveva scavato 350 pozzi non
solo in Italia, ma anche in Albania, Ungheria e Romania, senza trovare niente,
ed aveva finito per cedere per poco anche quelle piccole concessioni in Iran
che avrebbero potuto darle qualche soddisfazione. Quando Mattei viene nominato
commissario, l'Agip era divisa in due, come del resto la stessa Italia: A Roma
era ancora in carica un consiglio di amministrazione dell'ente, mentre al nord
Mattei aveva giurisdizione sulle attività relative all'Alta Italia: Premevano
per la chiusura dell'Agip diverse forze economiche e politiche: innanzitutto
gli americani, e in particolare le compagnie petrolifere anglo-statunitensi
riunite nel cartello delle "7 sorelle", decise ad espandere il loro
business sul territorio italiano che avevano appena liberato; in secondo luogo
le aziende del settore a capitale privato, la Edison di Valerio e la
Montecatini, ben attente ad impedire la concorrenza di un ente statale; infine
le forze politiche legate al capitale privato e agli aiuti economici americani,
nonché i liberali, per principio avversari di ogni intervento statale turbativo
della libera iniziativa in campo economico. Favorevoli al mantenimento in vita
dell'Agip, oltre naturalmente ai suoi tecnici e alle sue maestranze, sono gli
esponenti della sinistra democristiani, fra cui Gronchi e Dossetti, che
sostengono la necessità dell'intervento dello Stato attraverso gli enti
pubblici nell'industria e nella finanzia, e che sono decisamente contrari ai
grandi monopoli privati. Appena assunto l'incarico di commissario, Mattei si
mette subito a guardare bene dentro quel giocattolo, deciso a non buttare via
alcuna chance, nel caso ne avesse individuata una. A fine giugno incontra l'ingegner
Carlo Zanmatti, suo predecessore nel ruolo di commissario Agip e allontanato
dal quel posto i suoi precedenti di repubblichino. Mattei ha ormai già capito
da solo che l'unico bene rimasto all'Agip è il valore dei suoi tecnici e la
loro capacità nell'effettuare ricerche petrolifere. Non è preparato a
comprendere quanto gli va dicendo Zanmatti, che gli spiega i pregi del metano
per l'utilizzo industriale. Perché gli parla del metano, quando lui vuole il
petrolio? Zanmatti gli riferisce che nel corso delle ultime trivellazioni,
interrotte nel ' 44 per l'avanzare del fronte bellico, l'Agip ne aveva trovato
tracce promettenti a Caviaga, in Val Padana. Mattei prende sul serio le
informazioni di Zanmatti, va a Caviaga, parla coi tecnici, si fa spiegare tutto
sul metano, poi dà via libera all'ingegnere per riprendere i lavori di scavo,
in aperta violazione degli ordini ministeriali ricevuti. Una spinta in questa
direzione gli viene anche da un'offerta di Giorgio Valerio, che si offre di
acquistare per 60 milioni le attrezzature dell'Agip-Alta Italia. "Se
Valerio offre tanto", ragiona Mattei, "allora significa che l'Agip
vale molto di più. Forse a Caviaga c'è il petrolio!". Mattei ormai ha
varcato il Rubicone e mette al lavoro i tecnici dell'Agip, che comunque da mesi
erano pagati senza fare niente. A Raffaele Mattioli, della Banca Commerciale,
chiede un prestito per finanziare le attività dell'ente. Il suo appello al capo
del governo Ferruccio Parri non rimane inascoltato: l'Agip di Roma e quella di
Milano vengono unificate e il 17 ottobre 1945. Mattei è nominato
vicepresidente. Significa che la ripresa dei lavori a Caviaga viene di fatto
approvata. Nel marzo 1946 il pozzo numero 2 di Caviaga si riempie di bolle: è
il metano, che sgorga a 150 atmosfere e aspetta solo di essere incanalato in
una conduttura di tubi per essere portato alle industrie da rifornire. Da
questo momento, sempre con l'aiuto di Zanmatti, l'Agip gira a pieno regime e
Mattei può già intravvedere i futuri grandi utili che riuscirà ad ottenere
dalla vendita del metano. Le lotte intorno all'ente però non sono ancora
finite: il metano della Val Padana comincia a far gola a molti, e le "7
sorelle" tornano all'attacco molto pesantemente anche a livello politico.
Mattei però è convinto di dover assicurare all'Italia risorse petrolifere
autonome per garantirle così anche l'autonomia politica, e non intende fare
neppure un passo indietro. Il 9 maggio 1947 i suoi avversari riescono a fargli
perdere la poltrona di vicepresidente, anche se non ad estrometterlo dal
consiglio di amministrazione, e la partita sembra ormai irrimediabilmente
perduta per Mattei. Gli americani ottengono l'accesso a tutto il patrimonio
delle ricerche Agip e ne prendono visione con molto interesse. Il pozzo di
Caviaga viene chiuso e viene venduta la raffineria di Marghera ad una società
partecipata dalla British Petroleum. La Edison prepara un piano per trasformare
l'Agip in una società posseduta per un terzo dalla Edison stessa, un terzo
dall'Agip e un terzo dalla società Metano, partecipata a sua volta dalla Ras e
dalla Edison. Mattei, sempre più convinto che l'indipendenza politica passi per
l'indipendenza economica, sempre più sicuro che lo sfruttamento dei giacimenti
di un Paese spettino allo Stato e solo allo Stato in favore di tutta la
popolazione, rimane sconvolto da questi progetti e si appella ad Ezio Vanoni,
illuminato esponente in ascesa della sinistra democristiana. Questi a sua volta
si rivolge direttamente al capo del governo, Alcide De Gasperi. In cambio
dell'aiuto di Mattei alle vicine elezioni (la DC vincerà col 48% contro il 31%
del Fronte Popolare), De Gasperi il 10 giugno 1948 fa eleggere un nuovo
consiglio di amministrazione Agip: Mattei è vicepresidente, il suo amico
Boldrini presidente. Il 19 marzo 1949 dal pozzo numero 1 di Cortemaggiore,
vicino a Milano, il metano sgorga umido. Si tratta di petrolio, e di buona
qualità. Si scoprirà presto che la quantità di petrolio presente in quel
deposito è davvero poca, ma Mattei sfrutta al massimo l'impatto psicologico di quel
ritrovamento, riuscendo a sventare nuovi attacchi dei suoi infaticabili
avversari, che stavano per far approvare una legge mineraria tale, che "la
stessa Standard Oil non avrebbe potuto fare di meglio". L'annuncio del
ritrovamento petrolifero a Cortemaggiore giunge al momento giusto. "Il
giacimento di Cortemaggiore", dichiara Mattei,"è di un'importanza
rilevantissima. Sarebbe oggi difficile calcolarne il valore, che indubbiamente
è molto rilevante". Gli dà una mano anche il Corriere della Sera, con articoli
così entusiastici da far salire i titoli delle società Anic e Petroli, le due
aziende del gruppo quotate in borsa. A questo punto il parlamento approva la
proposta di Vanoni di riservare allo Stato le ricerche nel sottosuolo della Val
Padana, lasciando libertà di ricerca nel resto del Paese. La risposta di Mattei
è una forte accelerata al ritmo delle trivellazioni, e i risultati non si fanno
attendere: giacimenti di gas vengono individuati a Cornegliano (MI), Pontenure
(PC), Bordolano (CR), Correggio (RE), e Ravella. Oltre ad estrarre il metano,
l'Agip deve però pensare anche a trasportarlo, e per fare questo deve posare i
tubi del suo metanodotto. Mattei non va certo per il sottile: egli stesso si
vanta di aver trasgredito almeno 8000 tra leggi, leggine e ordinanze varie. Il
suo metodo consiste nel fare prima, e nel discutere poi. I suoi uomini scavano
di notte per posare i loro tubi, e poi di giorno ricoprono gli scavi con molte
scuse. A chi protesta, Mattei offre concambi vantaggiosi: il restauro della
chiesa, se è il parroco a lamentarsi, l'acquisto del raccolto se sono i
contadini a sentirsi danneggiati, la concessione della gestione di una pompa
Agip o un posto di lavoro fisso, o anche una raccomandazione a Roma, a seconda
dei bisogni. Se il sindaco è comunista, Mattei rispolvera il suo passato di
partigiano, a volte si fa amico qualche maresciallo dei carabinieri raccontando
gli exploit di suo padre, il fatto è che riesce sempre ad installare le sue
strutture in tempi record e quasi sempre senza contestazioni. Le sue risorse
più importanti sono senza dubbio alcuno i suoi uomini, che lo aiutano in tutti
i modi. Tutti scelti personalmente da lui, gli sono fedeli e lavorano con
entusiasmo, pronti a spendersi senza risparmio. Moltissimi sono di Matelica (
tanto che la sigla della Snam, società creata dall'Agip specificamente per la
ricerca, viene tradotta in "Siamo nati a Matelica" ), altri
provengono dalle forze dell'ordine, altri dalla Resistenza, altri ancora sono
raccomandati da amici influenti, ma tutti gli sono grati e sono pronti a farsi
in quattro per lui. Gli riconoscono una indubbia leadership ed ammirano la sua
totale dedizione al lavoro. Da dove provengono i soldi che Mattei usa
generosamente per spianare la strada alle attività dell'Agip? Certamente dal
metano. Un metro cubo di metano viene venduto a 12 lire, con un margine medio
di guadagno di 8,5 lire al metro cubo, e questi altissimi profitti non
risultano da nessuna parte nei bilanci dell'ente. Mattei non utilizza neppure
una lira per se stesso, ma profonde denaro a larghe mani per garantirsi
coperture politiche e appoggi giornalistici, per legare a sé gli uomini
migliori e per acquistare le attrezzature più moderne. La sua attività continua
instancabile: egli si deve continuamente difendere dagli attacchi dei suoi
nemici, che tramano per ottenere leggi a loro favorevoli; si prodiga per
convincere gli imprenditori ad utilizzare il suo gas anche se ciò comporta
l'adattamento dei loro impianti; continua a posare chilometri e chilometri di
tubi per i suoi gasdotti;allarga ilraggio delle sue trivellazioni. Per vendere
il suo metano, egli utilizza tutti i metodi che aveva imparato quando vendeva
vernici e prodotti per concerie: annunci sui giornali, incarichi a piazzisti,
l'invenzione di slogan di successo come "Supercortemaggiore, la potente
benzina italiana" e logo affascinanti come il famoso cane a sei zampe che
sputa fuoco dalle fauci aperte. Ma la benzina Agip è anche di ottima qualità, e
le pompe Agip sono nuove e ben attrezzate, i gabinetti sono puliti e il
personale offre numerosi servizi gratuiti come la pulitura dei vetri o il
controllo dell'olio e dei pneumatici. Pochi anni dopo Mattei importerà dagli
Stati Uniti l'idea dei motel, che impianterà su tutto il territorio nazionale
per il conforto anche notturno dei viaggiatori.
Tra il 1950 e il 1952 Mattei deve affrontare nuove battaglie a Roma per ottenere la costituzione dell' ENI (Ente nazionale idrocarburi), di cui diventa presidente nel luglio 1952. Vicepresidente è il suo maestro e amico Marcello Boldrini. Agip, Agip mineraria, Romsa e Snam sono le società guidate dall' ENI, e Mattei si occupa personalmente di ognuna di loro. Il 4 marzo 1953 egli si dimette dalla sua carica di deputato in Parlamento per dedicarsi completamente alle sue aziende.
Nel 1954 la sua campagna per la vendita del liquigas in bombole trasforma le abitudini degli italiani: egli toglie l'obbligo di cauzione per le bombole e ne ribassa il prezzo del 12%. I camioncini Agip portano le bombole in ogni casa, anche nei luoghi più isolati, e le famiglie italiane imparano ad apprezzare i vantaggi delle cucine a gas, che vengono a sostituire le molto più impegnative stufe a legna o a carbone. Producendo fertilizzanti con l'idrogeno derivato dal metano, Mattei ne abbassa il prezzo anche del 70%, mettendo così in grado quasi tutti gli agricoltori di coltivare i loro campi sfruttandone al meglio le possibilità. Anche il prezzo della benzina viene ribassato, e questa politica dell'ente statale mette in crisi la concorrente Edison, che viene incorporata dalla Montecatini. Sarà poi il successore di Mattei, Eugenio Cefis, a scalare la Montedison per conto dell' ENI.
Cedendo alle pressanti richieste del suo amico Giorgio La Pira, sindaco di Firenze, e di Amintore Fanfani, Mattei rileva gli stabilimenti Pignone, un'industria meccanica decotta e vicina al fallimento e in pochi anni ne fa una ditta leader nella produzione di tecnologie innovative al servizio della ricerca e dell'estrazione di risorse del sottosuolo, anche utilizzando piattaforme marine.
A questo punto a Mattei resta un solo vero problema: il petrolio di Cortemaggiore non è certo abbondante, e lui ha grosse difficoltà a reperirne all'estero, dove il cartello delle 7 sorelle non gli lascia spazio.Il suo tentativo di approfittare della crisi tra il governo iraniano e la British Petroleum offrendo allo Scià un contratto vantaggiosissimo non passa, e neppure riesce ad entrare nel consorzio di Abadan per l'opposizione decisa delle grandi compagnie che lo considerano un avventuriero, un "petroliere senza petrolio". Ma ogni affronto fatto all' ENI è per Mattei uno sgarbo all'Italia, egli ne soffre e attende il momento per rifarsi.Il 12 aprile 1956 inaugura il villaggio di Metanopoli alle porte di Milano, il 21 dello stesso mese esce il primo numero de "Il Giorno", quotidiano finanziato dall' ENI e diretto da Gaetano Baldacci, brillante e spregiudicato giornalista marchigiano,sempre controllato molto da vicino da Mattei.Oltre ad essere una evidente cassa di risonanza dei successi dell' ENI,iIl Giorno apre una svolta nel giornalismo italiano: vivace e innovativo negli articoli e nelle fotografie, raggiunge in certi momenti tirature altissime, anche se a fronte di costi sempre esagerati. La linea politica de Il Giorno propone un avvicinamento ai Paesi africani e mediorientali in contrasto con le strategie dei Paesi ex colonialisti, Francia e Gran Bretagna. Gli Stati Uniti guardano con preoccupazione questa linea, condivisa dal presidente Gronchi, da Amintore Fanfani e dal ministro per gli affari esteri Pella, denominata "neoatlantismo".
Dopo essere riuscito a fare approvare l'11 gennaio 1957 una legge mineraria che garantisce all'ENI libertà di azione in Italia e all'estero, Mattei dedica tutte le sue energie a tessere rapporti sempre più stretti con i Paesi produttori. Lo troviamo in Egitto, in Iran, in Libia, in Giordania.
Mattei non si sente affatto legato alle regole tradizionale dei contratti fino ad allora portati avanti dalla compagnie petrolifere americane e inglesi, e non ha remore ad offrire ai Paesi produttori condizioni molto più favorevoli. Rompendo con l'abituale percentuale del 50%, egli arriva ad offrire fino al 75% , e in più fa dei Paesi produttori i suoi partner in imprese di cui lui solo sopporterà i rischi. Egli offre tecnologia, borse di studio per le sue scuole di formazione a Metanopoli, partecipazione nei riguardi delle aspirazioni di riscatto di questi Paesi ritenuti da altri arretrati e poco civilizzati. Mattei piace ai leader dei Paesi produttori perché, diversamente dai petrolieri delle 7 sorelle, egli non si rivolge a loro con quell'atteggiamento di superiorità tanto inviso ai Paesi in via di sviluppo in quanto carico di echi colonialisti. E questi Paesi non considerano l'Italia un Paese ex colonialista. Mattei sa di avere bisogno di quel petrolio che non ha potuto trovare nel sottosuolo italiano, e guarda ai Paesi esportatori con vivo interesse e anche con rispetto. Egli non si sente intrinsecamente superiore ai suoi interlocutori mediorientali o nordafricani, ma anzi è pronto ad ingaggiare con loro una sfida intelligente volta alla conclusione di affari vantaggiosi per entrambe le parti in causa. Egli sa bene che gli accordi capestro creano a lungo andare solo nemici, e vuole seriamente instaurare buone relazioni con questi Paesi. La politica estera di Mattei mette spesso a disagio il governo italiano (molto più timoroso e tradizionalista di lui), sempre preoccupato di pestare i piedi alle grandi potenze. Come scrive Nico Perrone nel suo libro su Mattei, " i progetti di Mattei talvolta andavano oltre il campo degli affari... Essi ipotizzavano persino la promozione di una federazione non vincolata (loose federation) fra Marocco, Algeria, Tunisia, ed eventualmente Libia, in vista di una associazione di cooperazione e sviluppo coi Paesi europei... In questa federazione, strana e un po' confusa, Mattei pensava di coinvolgere gli Stati Uniti e persino l' URSS, volendo tuttavia conservare all'Italia una funzione di iniziativa e di leadership".
A Tunisi Mattei installa la sede di un "Ufficio per le relazioni con la stampa in Africa del Nord", incaricato dei rapporti con il Fronte di Liberazione Nazionale algerino, mentre più tardi istituirà a Beiruth un "Ufficio per le relazioni con la stampa nei Paesi del Medio Oriente".
Nel 1957 Mattei riesce a chiudere un sospiratissimo contratto con l'Iran: nelle trattative egli aveva offerto persino una visita ufficiale del presidente della Repubblica italiana in Iran e, pare, la mano di Maria Gabriella di Savoia per Reza Pahlavi. In Iran l' Eni può ora effettuare le sue ricerche in tre zone, anche se molto impervie, due addirittura in mare. Ma il vero successo di Mattei sta nell'aver fatto breccia nel sistema monopolistico anglo-americano, e questo egli lo sa bene. Anche se non riesce subito ad ottenere concessioni in Iraq e in Libia, si consola in Marocco, dove il re Maometto V intesse buoni rapporti con lui, e con le aperture che gli offrono i rivoluzionari algerini nel loro Paese.Nel 1958 arriva una piccola commessa anche in Giordania. La troppo disinvolta gestione dei fondi ENI espone Mattei ad attacchi violenti in patria e a molte critiche, che sfociano in una pericolosa campagna stampa sostenuta contro di lui e ispirata dalle 7 sorelle. Altri attacchi gli arrivano per la partecipazione dell' ENI alla costruzione della centrale nucleare di Latina e per essersi nascosto dietro una anonima "Compagnia di ricerche idrocarburi" per rientrare in rapporto con la Libia. Ormai nulla può però fermare Mattei, che gioca su così tanti tavoli, da poter sempre bilanciare una sconfitta con altre vittorie. Ottiene infatti permessi di scavo in Cirenaica, e si muove anche in Sicilia, territorio a lui finora precluso dalla legge mineraria nazionale. Il suo appoggio al deputato regionale Silvio Milazzo gli apre subito la via ai primi scavi dell' ENI nell'isola. Guardando all' Europa, dà l'avvio ad un ambizioso progetto di oleodotto da Genova all'Inghilterra, attraverso la Svizzera, la Germania, la Francia, anche se è ancora troppo presto per aver ragione del fronte degli industriali europei. Il suo attivismo non ha più limiti: l' ENI acquista la "Lanerossi" entrando così nel settore tessile e la "Società italiana vetro", per affacciarsi anche nel settore vetrario. Ottiene concessioni di ricerca petrolifera in Somalia, Egitto, Iran, Marocco, Libia, Sudan, Tunisia. Riesce ad introdursi perfino in Cina, dove firma un accordo per la consegna di fertilizzanti.
Le reti di distribuzione (4.434chilometri di metanodotti in Italia nel 1962) si snodano in Africa dalla Costa d'Avorio all' Etiopia, dal Marocco al Senegal, dal Ghana alla Somalia, dalla Tunisia al Sudan; in Asia in Libano, Giordania, India, Iran, Iraq, Pakistan; in America latina, in Argentina.
Dopo una visita di Mattei in Unione Sovietica, si aprono le frontiere di questo grande Paese per i contratti con l' ENI, e il primo contratto alla fine del 1960 prevede l'acquisto di petrolio in cambio di gomma sintetica, tubi e apparecchiature tecnologiche avanzate per la ricerca e l'estrazione.
In un certo senso Mattei non può essere considerato estraneo ad un avvenimento politico ed economico di grande importanza: la nascita, il 9 settembre 1960, dell'OPEC, Organisation of Petroleum Exporting Countries, cui aderiscono Iran, Arabia Saudita, Iraq, Kuwait, Venezuela.
L'OPEC infatti è la riprova di una nuova presa di coscienza del proprio ruolo da parte dei Paesi produttori, e Mattei ha giocato un ruolo fondamentale dimostrando loro che i "dictat" delle 7 sorelle non erano inconfutabili. Le scuole di Metanopoli ospitano ormai studenti provenienti da tutti i Paesi con cui l' ENI ha rapporti, e Mattei sa che questo investimento darà i suoi frutti negli anni a venire, quando i suoi ex-allievi avranno raggiunto posizioni preminenti nei loro Stati.
Nel 1961 la prima petroliera italiana carica di petrolio iraniano estratto dall'Agip attracca nel porto diBari: è un grande successo personale per Mattei! Nel 1962 l' ENI dà lavoro a 55.700 persone, investe 209 miliardi, ne fattura 357, possiede 15 petroliere e guadagna 6 miliardi ufficiali, ma probabilmente più di 50. I debiti ammonteranno, nel 1963, a 700 miliardi di lire.
Si tratta di un colosso con interessi in mezzo mondo, guidato da un solo uomo, che ne tiene strettamente in pugno i destini. Troppo potere, troppo denaro, troppi onori, troppi nemici.
Alle 18,55 del 27 ottobre 1962 l'aereo di Enrico Mattei, in avvicinamento all'aeroporto di Linate proveniente da Catania, si schianta al suolo vicino a Bascapé, in provincia di Pavia.
Era ai comandi un esperto pilota, il comandante Bertuzzi, con Mattei dal 1958.
Disastro o attentato? Il dilemma non sarà mai risolto, anche se suona molto sinistro il fatto che pochi giorni prima fosse stato trovato un cacciavite "dimenticato" nella presa d'aria di un motore.
Tra il 1950 e il 1952 Mattei deve affrontare nuove battaglie a Roma per ottenere la costituzione dell' ENI (Ente nazionale idrocarburi), di cui diventa presidente nel luglio 1952. Vicepresidente è il suo maestro e amico Marcello Boldrini. Agip, Agip mineraria, Romsa e Snam sono le società guidate dall' ENI, e Mattei si occupa personalmente di ognuna di loro. Il 4 marzo 1953 egli si dimette dalla sua carica di deputato in Parlamento per dedicarsi completamente alle sue aziende.
Nel 1954 la sua campagna per la vendita del liquigas in bombole trasforma le abitudini degli italiani: egli toglie l'obbligo di cauzione per le bombole e ne ribassa il prezzo del 12%. I camioncini Agip portano le bombole in ogni casa, anche nei luoghi più isolati, e le famiglie italiane imparano ad apprezzare i vantaggi delle cucine a gas, che vengono a sostituire le molto più impegnative stufe a legna o a carbone. Producendo fertilizzanti con l'idrogeno derivato dal metano, Mattei ne abbassa il prezzo anche del 70%, mettendo così in grado quasi tutti gli agricoltori di coltivare i loro campi sfruttandone al meglio le possibilità. Anche il prezzo della benzina viene ribassato, e questa politica dell'ente statale mette in crisi la concorrente Edison, che viene incorporata dalla Montecatini. Sarà poi il successore di Mattei, Eugenio Cefis, a scalare la Montedison per conto dell' ENI.
Cedendo alle pressanti richieste del suo amico Giorgio La Pira, sindaco di Firenze, e di Amintore Fanfani, Mattei rileva gli stabilimenti Pignone, un'industria meccanica decotta e vicina al fallimento e in pochi anni ne fa una ditta leader nella produzione di tecnologie innovative al servizio della ricerca e dell'estrazione di risorse del sottosuolo, anche utilizzando piattaforme marine.
A questo punto a Mattei resta un solo vero problema: il petrolio di Cortemaggiore non è certo abbondante, e lui ha grosse difficoltà a reperirne all'estero, dove il cartello delle 7 sorelle non gli lascia spazio.Il suo tentativo di approfittare della crisi tra il governo iraniano e la British Petroleum offrendo allo Scià un contratto vantaggiosissimo non passa, e neppure riesce ad entrare nel consorzio di Abadan per l'opposizione decisa delle grandi compagnie che lo considerano un avventuriero, un "petroliere senza petrolio". Ma ogni affronto fatto all' ENI è per Mattei uno sgarbo all'Italia, egli ne soffre e attende il momento per rifarsi.Il 12 aprile 1956 inaugura il villaggio di Metanopoli alle porte di Milano, il 21 dello stesso mese esce il primo numero de "Il Giorno", quotidiano finanziato dall' ENI e diretto da Gaetano Baldacci, brillante e spregiudicato giornalista marchigiano,sempre controllato molto da vicino da Mattei.Oltre ad essere una evidente cassa di risonanza dei successi dell' ENI,iIl Giorno apre una svolta nel giornalismo italiano: vivace e innovativo negli articoli e nelle fotografie, raggiunge in certi momenti tirature altissime, anche se a fronte di costi sempre esagerati. La linea politica de Il Giorno propone un avvicinamento ai Paesi africani e mediorientali in contrasto con le strategie dei Paesi ex colonialisti, Francia e Gran Bretagna. Gli Stati Uniti guardano con preoccupazione questa linea, condivisa dal presidente Gronchi, da Amintore Fanfani e dal ministro per gli affari esteri Pella, denominata "neoatlantismo".
Dopo essere riuscito a fare approvare l'11 gennaio 1957 una legge mineraria che garantisce all'ENI libertà di azione in Italia e all'estero, Mattei dedica tutte le sue energie a tessere rapporti sempre più stretti con i Paesi produttori. Lo troviamo in Egitto, in Iran, in Libia, in Giordania.
Mattei non si sente affatto legato alle regole tradizionale dei contratti fino ad allora portati avanti dalla compagnie petrolifere americane e inglesi, e non ha remore ad offrire ai Paesi produttori condizioni molto più favorevoli. Rompendo con l'abituale percentuale del 50%, egli arriva ad offrire fino al 75% , e in più fa dei Paesi produttori i suoi partner in imprese di cui lui solo sopporterà i rischi. Egli offre tecnologia, borse di studio per le sue scuole di formazione a Metanopoli, partecipazione nei riguardi delle aspirazioni di riscatto di questi Paesi ritenuti da altri arretrati e poco civilizzati. Mattei piace ai leader dei Paesi produttori perché, diversamente dai petrolieri delle 7 sorelle, egli non si rivolge a loro con quell'atteggiamento di superiorità tanto inviso ai Paesi in via di sviluppo in quanto carico di echi colonialisti. E questi Paesi non considerano l'Italia un Paese ex colonialista. Mattei sa di avere bisogno di quel petrolio che non ha potuto trovare nel sottosuolo italiano, e guarda ai Paesi esportatori con vivo interesse e anche con rispetto. Egli non si sente intrinsecamente superiore ai suoi interlocutori mediorientali o nordafricani, ma anzi è pronto ad ingaggiare con loro una sfida intelligente volta alla conclusione di affari vantaggiosi per entrambe le parti in causa. Egli sa bene che gli accordi capestro creano a lungo andare solo nemici, e vuole seriamente instaurare buone relazioni con questi Paesi. La politica estera di Mattei mette spesso a disagio il governo italiano (molto più timoroso e tradizionalista di lui), sempre preoccupato di pestare i piedi alle grandi potenze. Come scrive Nico Perrone nel suo libro su Mattei, " i progetti di Mattei talvolta andavano oltre il campo degli affari... Essi ipotizzavano persino la promozione di una federazione non vincolata (loose federation) fra Marocco, Algeria, Tunisia, ed eventualmente Libia, in vista di una associazione di cooperazione e sviluppo coi Paesi europei... In questa federazione, strana e un po' confusa, Mattei pensava di coinvolgere gli Stati Uniti e persino l' URSS, volendo tuttavia conservare all'Italia una funzione di iniziativa e di leadership".
A Tunisi Mattei installa la sede di un "Ufficio per le relazioni con la stampa in Africa del Nord", incaricato dei rapporti con il Fronte di Liberazione Nazionale algerino, mentre più tardi istituirà a Beiruth un "Ufficio per le relazioni con la stampa nei Paesi del Medio Oriente".
Nel 1957 Mattei riesce a chiudere un sospiratissimo contratto con l'Iran: nelle trattative egli aveva offerto persino una visita ufficiale del presidente della Repubblica italiana in Iran e, pare, la mano di Maria Gabriella di Savoia per Reza Pahlavi. In Iran l' Eni può ora effettuare le sue ricerche in tre zone, anche se molto impervie, due addirittura in mare. Ma il vero successo di Mattei sta nell'aver fatto breccia nel sistema monopolistico anglo-americano, e questo egli lo sa bene. Anche se non riesce subito ad ottenere concessioni in Iraq e in Libia, si consola in Marocco, dove il re Maometto V intesse buoni rapporti con lui, e con le aperture che gli offrono i rivoluzionari algerini nel loro Paese.Nel 1958 arriva una piccola commessa anche in Giordania. La troppo disinvolta gestione dei fondi ENI espone Mattei ad attacchi violenti in patria e a molte critiche, che sfociano in una pericolosa campagna stampa sostenuta contro di lui e ispirata dalle 7 sorelle. Altri attacchi gli arrivano per la partecipazione dell' ENI alla costruzione della centrale nucleare di Latina e per essersi nascosto dietro una anonima "Compagnia di ricerche idrocarburi" per rientrare in rapporto con la Libia. Ormai nulla può però fermare Mattei, che gioca su così tanti tavoli, da poter sempre bilanciare una sconfitta con altre vittorie. Ottiene infatti permessi di scavo in Cirenaica, e si muove anche in Sicilia, territorio a lui finora precluso dalla legge mineraria nazionale. Il suo appoggio al deputato regionale Silvio Milazzo gli apre subito la via ai primi scavi dell' ENI nell'isola. Guardando all' Europa, dà l'avvio ad un ambizioso progetto di oleodotto da Genova all'Inghilterra, attraverso la Svizzera, la Germania, la Francia, anche se è ancora troppo presto per aver ragione del fronte degli industriali europei. Il suo attivismo non ha più limiti: l' ENI acquista la "Lanerossi" entrando così nel settore tessile e la "Società italiana vetro", per affacciarsi anche nel settore vetrario. Ottiene concessioni di ricerca petrolifera in Somalia, Egitto, Iran, Marocco, Libia, Sudan, Tunisia. Riesce ad introdursi perfino in Cina, dove firma un accordo per la consegna di fertilizzanti.
Le reti di distribuzione (4.434chilometri di metanodotti in Italia nel 1962) si snodano in Africa dalla Costa d'Avorio all' Etiopia, dal Marocco al Senegal, dal Ghana alla Somalia, dalla Tunisia al Sudan; in Asia in Libano, Giordania, India, Iran, Iraq, Pakistan; in America latina, in Argentina.
Dopo una visita di Mattei in Unione Sovietica, si aprono le frontiere di questo grande Paese per i contratti con l' ENI, e il primo contratto alla fine del 1960 prevede l'acquisto di petrolio in cambio di gomma sintetica, tubi e apparecchiature tecnologiche avanzate per la ricerca e l'estrazione.
In un certo senso Mattei non può essere considerato estraneo ad un avvenimento politico ed economico di grande importanza: la nascita, il 9 settembre 1960, dell'OPEC, Organisation of Petroleum Exporting Countries, cui aderiscono Iran, Arabia Saudita, Iraq, Kuwait, Venezuela.
L'OPEC infatti è la riprova di una nuova presa di coscienza del proprio ruolo da parte dei Paesi produttori, e Mattei ha giocato un ruolo fondamentale dimostrando loro che i "dictat" delle 7 sorelle non erano inconfutabili. Le scuole di Metanopoli ospitano ormai studenti provenienti da tutti i Paesi con cui l' ENI ha rapporti, e Mattei sa che questo investimento darà i suoi frutti negli anni a venire, quando i suoi ex-allievi avranno raggiunto posizioni preminenti nei loro Stati.
Nel 1961 la prima petroliera italiana carica di petrolio iraniano estratto dall'Agip attracca nel porto diBari: è un grande successo personale per Mattei! Nel 1962 l' ENI dà lavoro a 55.700 persone, investe 209 miliardi, ne fattura 357, possiede 15 petroliere e guadagna 6 miliardi ufficiali, ma probabilmente più di 50. I debiti ammonteranno, nel 1963, a 700 miliardi di lire.
Si tratta di un colosso con interessi in mezzo mondo, guidato da un solo uomo, che ne tiene strettamente in pugno i destini. Troppo potere, troppo denaro, troppi onori, troppi nemici.
Alle 18,55 del 27 ottobre 1962 l'aereo di Enrico Mattei, in avvicinamento all'aeroporto di Linate proveniente da Catania, si schianta al suolo vicino a Bascapé, in provincia di Pavia.
Era ai comandi un esperto pilota, il comandante Bertuzzi, con Mattei dal 1958.
Disastro o attentato? Il dilemma non sarà mai risolto, anche se suona molto sinistro il fatto che pochi giorni prima fosse stato trovato un cacciavite "dimenticato" nella presa d'aria di un motore.
Il destino di milioni e milioni di uomini nel mondo in questo momento dipende da 4 o 5 miliardari americani…
La mia ambizione è battermi contro questo monopolio assurdo.
E se non ci riuscirò io, ci riusciranno quei popoli che il petrolio ce l’hanno sotto i piedi.”
“Una ventina di anni fa ero un buon cacciatore
e andavo molto spesso a caccia. Avevo due cani,un bracco tedesco e un setter ,e
cominciando all’alba e finendo a sera,su
e giù per i canaloni, i cani erano stanchissimi. Ritornando a casa dai
contadini,la prima cosa che facevamo era da dare da mangiare ai cani e gli veniva dato un catino di zuppa,che
forse bastava per cinque.
Una volta vidi entrare un piccolo gattino,così
magro,affamato,debole. Aveva una gran paura,e si avvicinò piano piano. Guardò
ancora i cani,fece un miagolio e appoggiò una zampina al bordo del catino. Il
bracco tedesco gli dette un colpo lanciando il gattino a tre o quattro
metri,con la spina dorsale rotta. Questo episodio mi fece molta impressione.
Ecco
,noi siamo stati il gattino,per i primi anni………”
Enrico Mattei 23 Marzo 1961
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