martedì 22 maggio 2012

Banco Mondiale: nel 2010 crescita record per Venezuela, ALBA, UNASUR, CELAC e BRICS; perdono potere Europa ed US




di Attilio Folliero, Cecilia Laya e Tito Pulsinelli


Secondo gli ultimi dati pubblicati dal Banco Mondiale, gli otto paesi che conformano l’ALBA (1) sono quelli che maggiormente sono cresciuti fra il 2009 ed il 2010: il PIL dei paesi dell’ALBA è cresciuto del 33,43%, seguto dai 5 Paesi che conformano l’area geografica dell’Africa Meridionale (2), cresciuti del 28,81%, dai 12 paesi dell’UNASUR (3) al 27,07%, dai 33 paesi dell’America Latina che conformano la CELAC (4) al 25,41%, dai 5 paesi dell’ASEAN (5) al 24.39%, dai 5 del BRICS (6) al 22,37% e dai 6 paesi della OCS (7) in crescita del 19.36%.
I paesi del cosiddetto blocco occidentale, che ben rispondono alla definizione di Paesi Industrializzati Altamente Indebitati (PIAI), sono al di sotto della crescita media mondiale; infatti, mentre l’economia mondiale è cresciuta complessivamente dell’8,92%, l’Oceania (Australia e Nuova Zelanda) è cresciuta del 7,68%; i paesi del Nord America del 5,06%; i Paesi dell’OCSE (8) hanno fatto registrare una crescita del 4,74%; quelli del G7 (9) solamente del 3,76%; l’Europa nel suo complesso è cresciuta dell’1,42%. I 27 paesi che conformano l’Unione Europea (10) ed i 17 dell’Area Euro (11) sono in decrescita, rispettivamente dello 0,49% e del 2,14%.
I sedici paesi che conformano geograficamente l’Europa Meridionale e che ben può definirsi Europa Latina (12), hanno sperimentato una decrescita del 3,45% ed è l’area del mondo che ha perso maggior potere fra il 2009 ed il 2010.
Per quanto riguarda i singoli paesi, la Mongolia é in assoluto il paese con la più alta crescita: fra il 2009 ed il 2010 è aumentato del 35,27%; tra i paesi importanti, a più forte crescita troviamo l’Indonesia (31,00%), il Brasile (30,94%), l’India (25,40%), la Russia (21,10%), il Venezuela (20,15%), l’Argentina (20,04%), la Cina (18,74%). Dei sette Grandi, il Canada è l’unico ad avere sperimentato una forte crescita (17,90%); il Giappone è cresciuto dell’8,46%, il Regno Unito del 4,16% e gli USA del 3,83%; la Germania, che occupa il posto 150 nella lista dei paesi in base alla crescita, è in decrescita dello 0,55%, la Francia al posto 167 retrocede del 2,83% e l’Italia al posto 169 decresce del 2,83%.
In attesa che il Banco Mondiale pubblichi i dati del 2011, prevedibilmente nel prossimo mese di luglio, possiamo anticipare che i paesi dell’ALBA, trainati dalla crescita del Venezuela, continueranno ad essere protagonisti anche per l’anno 2011 e seguenti.
Da quando il Venezuela è governato dal presidente Hugo Chávez, secondo i dati del Banco Mondiale, lo sviluppo è stato enorme, trascinando nella crescita anche i paesi dell’ALBA.  Chávez arriva al governo nel 1999, peró nei primi 4 anni, oltre ad occuparsi delle grandi riforme istituzionali, deve fronteggiare un colpo di stato, nell’aprile del 2002 ed una serrata patronale di due mesi, dal dicembre 2002 al febbraio 2003, che letteralmente azzera la produzione petrolifera, principale attività economica del paese. Dal 2003, quando il PIL del Venezuela ascendeva a 83 miliardi di dollari USA, lo 0,22% del PIL mondiale, è passato ad oltre 391 miliardi nel 2010, con una incidenza dello 0,62% sul PIL mondiale; da quinta economia dell’America Latina (dietro a Messico, Brasile, Argentina e Colombia) e 44° economia del mondo, che era nel 2003, è passata ad essere la terza economía dell’America  Latina, dopo Brasile e Messico, superando Argentina e Colombia e 25° economia del mondo nel 2010.
Tra il 2003 ed il 2010 la crescita venezuelana è stata del 368,59%; solamente 4 paesi hanno avuto una crescita superiore: Azerbaijan (611,60%), Angola (508,59%), Kazakistan (383,43%) e Guinea Equatoriale (374,41%). Nello stesso periodo, il Brasile è cresciuto del 277,92%, la Cina del 261,17%, la Russia del 243,87%, l’India del 188,11%. I paesi del G7 hanno avuto crescite modeste: Canada 82,13%, Francia 42,84%, Italia 36,08%, Germania 35,35%, USA 31,54%, Giappone 29,08%, Regno Unito 21,58%.
Nello stesso periodo, fra il 2003 ed il 2010, per quanto riguarda i blocchi economici, quelli che sono cresciuti di più sono: OCS (259,43%), Unasur (246,72%), Brics (241,60%), Alba (233,23%) e Celac (159,63%); al polo opposto, i blocchi cresciuti di meno sono: Area Euro (42,45%), Unione Europea (42,24%), Paesi OCSE (41,31%) e G7 (33,69%).
In sostanza possiamo dire che il baricentro del mondo, si sta spostando sempre più verso America Latina ed Asia; in particolare i paesi del BRICS, dell’ALBA e dell’OCS avranno un ruolo sempre maggiore ed il BRICS è destinato a superare a breve il G7.
Confrontando l’evoluzione negli ultimi 20 anni,  tra aeree e blocchi geopolitici, risulta evidente che il polo incentrato sugli Stati Uniti e l’Europa (G7, Unione Europea e paesi dell’area Euro) – identificabili come PIAI o vassalli della NATO - sono in fase calante. In ascesa i blocchi dei paesi asiatici e dell’America Latina  (BRICS, OCS, UNASUR, ALBA e CELAC).



I paesi del G7, che nel  1993 producevano il 67,45% del PIL mondiale, nel 2010 producevano solo il 50,25% e sicuramente nel corso del 2011 sono scesi al di sotto del 50%; i paesi del BRICS invece, che nel 1992 rappresentavano il 6,72% del PIL mondiale sono triplicati, arrivando al 18,31% nel 2010; cosi pure i paesi della Cooperazione di Shangai (OCS) sono passati dal 3,67% al del 1993 al 12,02% nel 2010.


Vanno su quelli che hanno tralasciato o abbandonato l’ortodossia neoliberista e i diktat del FMI e delle elites finanziarie. Per il futuro a breve e medio termine, possiamo senz’altro dire che i paesi dell’America Latina e dell’Asia continueranno a crescere, mentre si accentuerá il declino progressivo dei PIAI, che fanno capo agli USA ed all’Europa occidentale.
Riguardo il Venezuela, tutto indica che non si fermerá la forte crescita, visto che la produzione di petrolio é programmata per elevarsi dai 2,99 milioni di barili al giorno del 2011, ad oltre 5,81 per il 2018 (13), grazie a circa 100 miliardi di dollari di investimenti, versati sia dal Venezuela che da compagnie petrolifere di numerosi paesi, tra le quali vi è la partecipazione dell’ENI, con oltre 7 miliardi; il settore delle costruzioni contribuirà enormeente alla crescita del paese, considerato che è prevista, per i prossimi 5 o 6 anni, la costruzione di circa 3 milioni di appartamenti, settore che ovviamente trascinerà nella crescita anche l’indotto (cemento, ferro, ceramica, infissi, …); inoltre, contribuirà alla crescita del paese, il potenziamento delle infrastrutture e delle comunicazioni, con la costruzione di migliaia di chilometri della rete ferroviaria, di decine di chilometri in nuove linee metropolitane nelle principali città, il terzo ponte sull’Orinoco (con una lunghezza totale superiore ad 11 chilometri ed equivalente a quasi tre volte il fantomatico e mai realizzato Ponte di Messina, in Italia) e numerose imprese stategiche, tra cui quella dedicata alla progettazione e realizazione di satelliti per telecomunicazioni. Non è affatto azzardato prevedere che il nostro amato Venezuela nel prossimo quinquenio entri a far parte del ristretto gruppo di paesi che hanno un PIL dell’ordine del migliaio di miliardi di dollari.
Il Venezuela, inoltre è destinato ad entrare presto nel gruppo dei paesi a reddito alto; secondo il Banco Mondiale, per l’anno 2010, si considerano a reddito alto i paesi che hanno un reddito procapite superiore a 12.276 dollari annui; per il 2010, il reddito procapite del Venezuela era di 11.590 dollari ed era inserito tra i paesi a reddito medio alto; grazie alla crescita in atto entrerà presto a far parte dei paesi a reddito alto e successivamente ad avvicinarsi sempre più al reddito di quelli che fino ad oggi possiamo considerare i paesi più ricchi del mondo, sempre che continui la attuale politica portata avanti dal governo di Hugo Chávez.

Ricerca a cura di: Attilio Folliero, Cecilia Laya e Tito Pulsinelli (14)

Caracas, 30/04/2012 – Aggiornamento 12/05/2012


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Notas
1)      Gli 8 paesi che formano l’Alleanza Bolivariana per i Popoli di Nostra America – Trattato sul Commercio dei Popoli (ALBA-TCP) sono: Antigua e Barbuda, Bolivia, Cuba, Dominica, Ecuador, Nicaragua, San Vicente y las Granadinas, Venezuela;
2)      I 5 paesi che formano geograficamente l’Africa meridionale son: Botswana, Lesotho, Namibia, Sudafrica e Swaziland;
3)      I 12 paesi che conformano la Unione di Stati Sudamericani (UNASUR) sono: Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Colombia, Ecuador, Guyana, Paraguay, Perú, Surinam, Uruguay e Venezuela;
4)      I 33 paesi che fanno parte della Comunità di Stati Latinoamericani e Caraibici (CELAC) sono: Antigua e Barbuda, Argentina, Bahamas, Barbados, Belice, Bolivia, Brasil, Cile, Colombia, Costa Rica, Cuba, Dominica, Ecuador, El Salvador, Granada, Guatemala, Guyana, Haití, Honduras, Giamaica, Messico, Nicaragua, Panama, Paraguay, Perú, Repubblica Dominicana, Saint Kitts e Nevis, Santa Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Surinam, Trinidad e Tobago, Uruguay e Venezuela;
5)      La Associazione di Stati del Sud-est Asiatico (ASEAN) è formata da 10 paesi (Brunei Darussalam, Cambogia, Indonesia, Laos, Malesia, Myanmar, Filippine, Singapore, Tailandia e Vietnam); in questa nostra ricerca prendiamo in considerazione solamente i 5 paesi più grandi per i quali esistono dati certi per il periodo analizzato: Indonesia, Malesia, Filippine, Tailandia e Vietnam;
6)      I 5 paesi del BRICS sono: Brasile, Russia, Cina, India e Sudafrica;
7)      I 6 paesi membri della “Organizzazione della Cooperazione di Shanghái” (OCS) sono: Cina, Russia, Kazakistan, Kirgikistan, Tagikistan e Uzbekistan; attualmente sono entrati come osservatori altri 4 paesi (India, Iran, Pakistan e Mongolia), che in futuro potrebbero entrare a pieno titolo nella OCS; inoltre, sono in corso trattative con altri due paesi (Bielorussia e Sri Lanka); infine, in Serbia ci sono partiti e movimenti che invece dell’ingresso nella Unione Europea stanno facendo pressione per avvicinarsi alla OCS, organizzazione che quindi in un futuro non tanto lontano potrebbe assumere un ruolo rilevante a livello mondiale;
8)      L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo económico (OCSE), conosciuta come “club dei paesi ricchi” fino al 2010 aveva 33 paesi membri: Canada, USA, Regno Unito, Danimarca, Islanda, Norvegia, Turchia, Spagna, Portogallo, Francia, Irlanda, Belgio, Germania, Grecia, Svezia, Svizzera, Austria, Paesi Bassi, Lussemburgo, Italia, Giappone, Finlandia, Australia, Nuova Zelanda, Messico, Repubblica Ceca, Ungheria Polonia, Corea del Sud, Slovacchia, Cile, Slovenia e Israele; alla fine del 2010 è entrata anche l’Estonia e pertanto i paesi membri attualmente sono 34;
9)      Il Gruppo dei sette o dei sette grandi (G7) è costituito da: USA, Giappone, Germania, Francia, Regno Unito, Italia e Canada;
10)   I 27 paesi che attualmente formano l’Unione Europea sono: Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Romania e Svezia;
11)   I 17 paesi dell’Unione Europea che hanno adottato l’Euro (Eurozona) sono: Germania, Austria, Belgio, Cipro, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Estonia, Finlandia, Francia, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi e Portogallo; ricordiamo che l’Euro è stato adottato anche da altri 6 paesi (Monaco, San Marino, Vaticano, Andorra, Montenegro e Kossovo) e dai territori britannici in Cipro (Akrotiri e Dhekelia) e per le sue emissioni filateliche anche dal Sovrano Militare Ordine di Malta, stato senza territorio riconosciuto dall’ONU;
12)   I 16 paesi che formano geograficamente l’Europa del Sud e che Félix Martin Rodríguez Melo ha giustamente denominado “Europa Latina”, sono: Albania, Andorra, Bosnia ed  Herzegovina, Croazia, Slovenia, Spagna, Gibilterra, Grecia, Italia, Kosovo, Macedonia, Malta, Montenegro, Portogallo San Marino e Serbia;
13)   Secondo l’annuale rendiconto del 2011 di PDVSA, Url www.pdvsa.com
14)   Attilio Folliero è un italiano residente in Venezuela, laureato in Scienze Politiche all’Università “La Sapienza” di Roma; attualmente professore contrattato della Facoltà di Scienze delle Comunicazioni (Escuela de Comunicación Social) dell’Università Centrale di Caracas (UCV); Cecilia Laya è una economista venezuelana, con cittadinanza italiana, laureata in Economia presso la UCV, attualmente funzionario della Università “Simon Bolivar” di Caracas (USB); Tito Pulsinelli è un sociologo italiano dell’Università di Trento, analista ed osservatore geopolítico; i tre furono tra i fondatori del sito web lapatriagrande.net e sono membri del FREVEMUN (Fronte dei venezuelani del mondo) e di COVENPRI (Associazione venezuelana di professionisti delle relazioni internazionali e difensori della solidarietà mondiale)













Learning a New Language on Location


                                                                                                    Marcelo Arroyo Jiménez 
Andrea Cascante, left, taught a class at the Intercultura center in Heredia, Costa Rica, in 2011.
AMERICANS are not known for their facility with foreign languages, and learning gets more difficult as people age. But that has not stopped 60-, 70- and 80-somethings from heading to senior-friendly language immersion classes to tackle verb conjugations and the nuances of idioms — in places like the Tuscan hills and beach towns of Costa Rica.
“It can open up your world, and it’s a great way to meet people,” said Randy Balla, 63, of Evanston, Ill., who was a middle-school special education teacher for 31 years before retiring. He took up French recently. “The language is beautiful,” he said. He hopes to learn enough to discuss French literature and poetry and enhance his travel experiences.
“Learning now is more focused, more pleasant and less pressured than college,” said Mr. Balla. He took a three-week French immersion program last summer at the University of Quebec in Trois-Rivières and plans to attend this summer. “The tests are easier now, because there aren’t any,” he said jokingly.
The program is offered by Road Scholar, a nonprofit group formerly known as Elderhostel that created some language programs more than 10 years ago.
Daniel Lavoie, director of the École Internationale de Français at the University of Quebec, where the French Quebec Road Scholar program is held, said the average participant was 70, but some as old as 85 had attended. One woman has taken the program 15 times.
“We have to be patient, so going at a slower pace may be in order,” Mr. Lavoie said, but there were few other special challenges in teaching older adults. “They really like to learn,” he said. “If they are motivated, for sure they will learn it. That’s the key.”
However, fine-tuning pronunciation can be tricky. “The accent? Who cares?” he said with a laugh.
The number of older adults enrolled in immersion programs abroad is not tracked, experts said. Beth Lieberman, vice president of AmeriSpan Study Abroad, a company that offers language travel programs through partner schools in 15 languages in 40 countries, said older adult participation “has remained consistent since the early 1990s and is a good portion of our repeat business.”
In the last five to 10 years, there has been a trend to tailor programs to the needs and interests of travelers 50 and older, Ms. Lieberman said. AmeriSpan offers eight such programs, called Golden Age programs, in Italy, Spain and France. They are part of its Language and Fun series, which combine language immersion with excursions and cultural activities.
But Ms. Lieberman said that while some older adults preferred same-age groups, many others favored general classes that offered a greater variety of dates and locations and a mix of international students of all ages.
Il Sasso, an Italian language school in Montepulciano, Italy, tried special classes for older adults several years ago.
Not all of the older people were happy with it, said Heike K. Wilms, Il Sasso’s office manager. Most students preferred a mixed environment, she said. In addition, she said, because most students at Il Sasso were age 40 or older, nobody had the feeling of being too old. So the special classes were discontinued.
One of the most common concerns many older learners have is fear of failure and the worry that they will be the worst in the class. “Most students have not been to school for 20, 30 or 40 years. If they are bombarded with grammar, they go home and are not happy. It has to be fun,” Ms. Wilms said.
“As an older learner, maybe one approaches it with high expectations to learn quickly,” said Irmgard Booth, 72, from Lewisburg, W.Va., a retired nurse. She studied at Il Sasso this month, her third time since April 2011. But “some days you absorb it very well, and other days it’s like, ‘What’s going on?’ Sometimes it’s discouraging,” she said.
But “proper grammar is not a priority for me,” said Ms. Booth. She is learning the language so she can speak with her son’s future mother-in-law, who is Italian. “She’s taking English and I’m taking Italian,” she said.
The teachers are patient and reassuring, Ms. Wilms said. And the school weaves Italian culture through its programs, with a variety of activities like cooking, wine tasting and hiking through the Tuscan countryside, she said.
Immersion programs tend to progress at a rapid pace and can be tiring, so the Intercultura Language School and Cultural Center, a Spanish language school in Costa Rica, does several things to help some older learners at its campuses in the colonial city of Heredia and the beachfront community of Sámara. They are offered an extra hour of private tutoring each day, as well as conversation classes outside the regular class, two extra hours a week.
“The percentage of people who take it increases proportionately with age,” said Laura Ellington, the school’s founding director. Extra practice “gives them more confidence” and helps them overcome the fear of making mistakes, she said.
And then, of course, there are the superstars, like Jane Gantz, a former senior associate director of admissions at Indiana University in Bloomington, who retired four and a half years ago. She has studied at Intercultura a number of times, staying four to six weeks each time.
“It was hard. It’s still hard,” Ms. Gantz said in a phone conversation from Valencia, Spain, where she is taking immersion Spanish and living with a local family. “I really work hard at it.”
When not traveling, she regularly listens to Latin American music, takes language classes and attends conversation classes near her home.
She is now nearly fluent, according to Lucie Angers, group coordinator at Intercultura’s Sámara campus. “Her Spanish is beautiful,” she said.
Ms. Gantz’s interest began 20 years ago when a young woman from Spain lived with her family as an exchange student. “I was very frustrated because I wasn’t able to communicate with her,” she said, but she was not able to find the time to study Spanish while working.
She said she planned to return to Costa Rica to study every February, when the weather was ideal. “I’ll do this for as long as I am able to do it,” she said. “I have discovered my passion. It really changed my life. It is the best thing I’ve done.”
Language immersion programs are particularly good for people who are traveling alone, visiting a country for the first time and planning extended stays but are not interested in traditional tour groups.
“They feel like they have a support base and are not totally on their own, like backpackers,” Ms. Ellington said. She strongly recommends staying with a local family and sharing meals, an excellent way to learn about a culture and gain an instant connection to the community. “And for language acquisition, it is unbeatable,” she said.
George Hughes, 83, a retired university professor who lives on a small ranch near SweetHome, Ore., took classes at Intercultura last year and lived with a host family. He said he had been comforted by the built-in social network of language schools. “At my age, I don’t want to go to a hotel,” he said.
Mr. Hughes had trouble adjusting since his wife died six and a half years ago, so he took up Spanish.
“To get back into the swing of things, I started going south of the border,” he said. He plans to head to Oaxaca, Mexico, this week for his 19th Spanish language program abroad. He will be joined by his grandson, a 20-year-old college student.
“I always enroll in a school for three weeks at a time,” Mr. Hughes said. “I love it. I have a good time.”
Does all this language learning help keep the mind sharp?
Scientific evidence shows that being bilingual is a particularly good exercise for the brain and an excellent way to build cognitive reserves, said Ellen Bialystok, a psychology professor at York University in Toronto who has studied the benefits to the brain of bilingualism. She said it would not prevent diseases like Alzheimer’s and dementia; it simply helped coping with them by delaying symptoms. “Everything you do that is stimulating and hard is good for your brain,” she said.
A version of this article appeared in print on May 10, 2012, on page F7 of the New York TIMES edition with the headline: Learning a New Language on Location.

30/04/2012: Deuda pública de Estados Unidos llega a su máximo histórico



Por: Attilio Folliero (*)

El pasado 30 de abril, según datos difundido por el Tesoro de Estados Unidos, la deuda pública oficial de Estados Unidos ha llegado a 15.692,37 billones de dólares, lo que equivale a su máximo histórico. Barack Obama en sus 827 días de gobierno, desde que asumió la presidencia el 20 de enero del 2009, ha sido capaz de acumular una deuda pública equivalente a 5.065,49 billones de dólares, con un déficit medio diario de 4,24 billones de dólares; Obama ha llegado a superar la deuda acumulada por el anterior presidente George W. Bush, que en 8 años de gobierno había dejado en herencia una deuda record de 4.899,10 billones de dólares.

Indudablemente Barack Obama será recordado por mucho tiempo como el presidente que peor ha manejado el balance del Estado: en sus poco más de tres años de gobierno ha acumulado un tercio de toda la deuda que Estados Unidos ha acumulado a lo largo de su historia; los últimos dos presidente en poco más de 11 años han sido capaz de acumular alrededor de 10.000 billones de dólares. 
Estados Unidos había llegado a una deuda de 5.000 billones de dólares el 23 de febrero de 1996; para acumular 1.000 billones de dólares más y llegar a 6.000 fueron necesarios 6 años; desde entonces con el presidente George W. Bush y su política de guerra, el déficit presupuestario se triplico pasando de los anteriores medio billón escaso de déficit diario a 1,5, determinando un acumulo de mil billones de deuda cada dos años o poco menos; en su último año de presidencia en solo 396 días acumula 1.000 billones, llevando la deuda estadounidense a los 10.000 billones. Por supuesto este fuerte crecimiento se debe a la crisis económica con la cual se encontró en su último año de presidencia y la transferencia de grandes cantidades de dinero público a las empresas en crisis.
Con la llegada de Obama la deuda pública de Estados Unidos empeora drásticamente, acumulando mediamente mil billones de dólares cada siete meses y medio. El pasado 15 de noviembre había llegado a 15.000 billones y presumiblemente llegara a los 16.000 antes que termine el mes de Julio.
El problema de Barack Obama, así como toda la sociedad estadounidenses, es que está acostumbrado al consumismo y a gastar por encima de lo que se tiene, financiando el déficit con préstamos. Pero, llegando a cifras así altas es muy difícil encontrar quien pueda financiar diariamente estos más de 4 billones y por ende ha sido necesario recorrer a la imprenta de dólares, lo que determinará enormes problemas, en un futuro no lejano.
Lo peor de todo, por Estados Unidos, es que no hay ninguna voluntad de cambiar; de hecho, Obama en sus balances para los próximos diez años, hasta 2021, sigue pensando que los Estados Unidos tienen que seguir gastando más de lo que tiene a disposición.
Además, hay que añadir otro aspecto: cada años, cuando se pasa a rendir cuenta, las cifras reales son siempre diferentes y en negativo, en relación a lo presupuestado; por ejemplo, cuando se hizo el balance para el 2012 se presuponían entradas por 2.627 billones y gastos por 3.729; en realidad los ingresos fiscales, según estima del mismo gobierno, para el año en desarrollo, no llegaran ni a 2.400 billones. Es muy probable que todos los datos optimistamente estimados por el próximo decenio, van a ser peores, determinando una crisis institucional que podría llevar a la ruptura y desaparición de la misma unión. 

Balance de los Estados Unidos hasta 2021, según informe de la Casa Blanca

Attilio Folliero, Caracas
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Nota
  • Attilio Folliero, politólogo italiano, egresado de la Universidad La Sapienza” de Roma, actualmente profesor contratado de la Escuela de Comunicación Social de la UCV, desde muchos años estudia la deuda pública de Estados Unidos, el desarrollo de las bolsas mundiales y todos los temas relacionado con la crisis económica.